di Lucia Izzo - La terza sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 15861/2015 (qui sotto allegata) circa la responsabilità professionale del notaio a causa del mancato tempestivo protesto di assegni.
La vicenda aveva per protagonisti tre notai prestanti servizio presso un unico ufficio che venivano citati in giudizio da una banca per non aver tempestivamente protestato alcuni assegni privi di fondi. I convenuti lamentavano in particolare di essere venuti tardivamente a conoscenza dei mancati tempestivi protesti in parola in quanto trattenuti dai dipendenti dell'Associazione Cassa Cambiali.
Il Tribunale condannava i professionisti al pagamento alla banca di una somma a titolo risarcitorio.
Di tutt'altro tenore la pronuncia della Corte d'appello di Palermo che, in parziale accoglimento del gravame proposto, teneva indenni gli appellanti quanto al pagamento delle somme da versare in esecuzione della sentenza di primo grado.
I notai ricorrono in Cassazione censurando in parte la sentenza impugnata, deducendo che il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere provato il danno subito dalla banca, laddove alcuna prova era stata fornita circa il pagamento effettuato ai vari istituti di credito delle somme indicate negli assegni protestati.
Per i giudici di Piazza Cavour, tuttavia, non sarebbe da considerarsi quale danno "presunto" quello subito dalla banca.
In primo luogo è da ritenersi "accertato l'omesso tempestivo protesto dei titoli in questione e, quindi, la perdita dell'azione di regresso, nei confronti degli istituti di credito corrispondenti, volta ad ottenere l'ammontare degli assegni pagati".
Il danno, proseguono i giudici, è quindi collegato alla perdita dell'azione suddetta e le somme indicate degli assegni costituiscono la misura del danno liquidabile.
A ciò si aggiunge il richiamo effettuato dagli Ermellini alle disposizioni contenute nell'art. 46 del R.d. n. 1736/1933 (disposizioni dell'assegno bancario, circolare e alcuni titoli speciali) secondo cui il protesto deve effettuarsi prima che sia spirato il termine per la presentazione dell'assegno, che ai sensi dell'art. 32 è pari a otto giorni se l'assegno è pagabile nello stesso comune di emissione e di 12 giorni se pagabile in altro comune della Repubblica.
Prosegue l'art. 47, stabilendo la necessità che il portatore avvisi il proprio girante e il traente del mancato pagamento entro i quattro giorni feriali successivi a quello del protesto o della dichiarazione equivalente, attuando così un "meccanismo informativo che investe tutti i giranti menzionati nel titolo fino a risalire al traente".
Chi omette di dare tale avviso non decade dal regresso, ma è responsabile dei danni eventualmente cagionati nei limiti dell'ammontare dell'assegno bancario.
Questi i motivi che la Corte ha posto alla base del rigetto della domanda, condannando i ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Vedi anche: la guida legale sull'assegno
Cassazione Civile, sez III, sent. 15861 2015