di Valeria Zeppilli - L'articolo 48 del nuovo Codice deontologico forense (che corrisponde all'art. 28 del codice del 2007) sancisce il divieto per l'avvocato di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza scambiata con i colleghi se questa è qualificata come "riservata".
La riservatezza però "colpisce non solo tutte le comunicazioni espressamente dichiarate riservate, ma anche le comunicazioni scambiate tra avvocati nel corso del giudizio, e quelle anteriori allo stesso, quando le stesse contengano espressioni di fatti, illustrazioni di ragioni e proposte a carattere transattivo, ancorché non dichiarate espressamente 'riservate'".
E' quanto spiega il Consiglio Nazionale Forense nella pronuncia 92/2014 chiarendo che si tratta di una norma fondamentale per tutelare e promuovere l'iniziativa conciliativa, ma anche di una norma che, a prescindere dalla rilevanza della corrispondenza ai fini della lite, tutela più in generale il corretto svolgimento dell'attività professionale.
Ogni professionista, infatti, deve avere la tranquillità di potersi relazionare con i colleghi delle controparti senza rischiare che, dal contenuto della corrispondenza, possa derivare un danno per i propri assistiti.
Nel caso in cui la corrispondenza contenga una proposta transattiva, la segretezza è tutelata senza alcuna eccezione e a prescindere dall'espressa indicazione di riservatezza.
Nel caso sottoposto all'attenzione del Consiglio Nazionale Forense la cui decisione è stata resa nota solo con la newsletter del CNF del 28 luglio 2015, un avvocato aveva prodotto in giudizio una corrispondenza contenente una proposta transattiva che, peraltro, indicava esplicitamente che si trattava di "riservata personale non producibile".
Sulla base di tutte le predette argomentazioni, è stata quindi confermata la sanzione irrogata al legale dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Milano.
Testo della pronuncia del CNF n.92/2014