Spetta alla valutazione insindacabile del giudice stabilire se risulta inadeguata altra misura cautelare meno afflittiva

di Laura Bazzan - Con la sentenza n. 32702 del 27.07.2015 (qui sotto allegata), la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha precisato che "il giudice può prescindere dai limiti di applicabilità della custodia cautelare in carcere [...] come introdotti dall'articolo 8 c. 1 del d.l. 92/14 convertito nella legge 117/2014 quando, ai sensi dell'articolo 275 c. 3 del codice di procedura penale, prima parte, ritenga comunque inadeguata ogni misura cautelare meno afflittiva a soddisfare le esigenze cautelari".

 

Si tratta, più precisamente, di una valutazione discrezionale, non sindacabile in sede di legittimità ad eccezione dell'ipotesi di violazione di legge, che la Suprema Corte ha ritenuto correttamente applicata sia dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia che dal Tribunale del Riesame nel respingere la richiesta di applicazione di una misura alternativa, formulata da un indagato per detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, in ragione della piena confessione resa dal reo e dell'insussistenza dell'aggravante contestatagli.

 

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano provveduto ad applicare la custodia cautelare in carcere ad un'ipotesi in cui la pena si collocava al di sotto del limite di tre anni stabilito dall'art. 275 c.p.p. rilevando che, durante la vigenza della misura custodiale domiciliare comminata all'indagato a seguito di un diverso procedimento, lo stesso aveva reiterato il reato di spaccio e tale condotta costituiva la miglior prova "della concreta inidoneità di ogni misura meno afflittiva di quella più grave a contenere il pericolo di reiterazione del reato".

Cassazione, sentenza n. 32702/2015

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