di Lucia Izzo - La pronuncia di illegittimità costituzionale impone al giudice di rimuovere tutti gli effetti pregiudizievoli derivanti "da una sentenza penale di condanna fondata, sia pure in parte, sulla norma dichiarata incostituzionale" nei limiti in cui ciò sia possibile, procedendo anche ad una necessaria rideterminazione della pena "in riferimento al quadro sanzionatorio coerente con i principi della suprema carta".
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 34539/2015 (qui in allegato) originata dal ricorso proposto da un soggetto condannato per la detenzione di 451,2 gr. di hashish, corrispondenti a n. 822 dosi.
A seguito della pronuncia 32/2014 della Corte Costituzionale, con la quale viene dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 272/2005 (convertito dall'art. 1 co. 1, l. 49/2006) e quindi un recupero della disciplina sanzionatoria più favorevole in materia di droghe leggere, il reo propone istanza al Tribunale di Roma per la rideterminazione della pena che viene rigettata.
I giudici della Cassazione, però, ritengono di accogliere il ricorso sull'assunto che "la pronuncia di incostituzionalità, a differenza dell'ordinario intervento normativo, inficia, invece, sin dall'origine la disposizione impugnata" senza potersi omologare, quindi, alla vicenda della successione di leggi nel tempo.
L'invalidità "originaria" che colpisce la norma costituzionalmente illegittima, espunta dall'ordinamento, "impone e giustifica" la retroattività che colpisce gli effetti ancora in corso sui rapporti giuridici pregressi all'intervenuta pronuncia di incostituzionalità, così che "tutti gli effetti pregiudizievoli" derivanti dalla sentenza di condanna fondata sulla norma dichiarata incostituzionale dovranno essere rimossi dall'universo giuridico.
Ciò, ovviamente, "nei limiti in cui ciò sia possibile", non potendosi eliminare gli effetti irreversibili già compiuti e del tutto consumati come nel caso in cui la pena derivante dall'applicazione della norma incostituzionale sia stata già eseguita integralmente.
Gli Ermellini aggiungono che l'illegittimità della pena, derivante dall'applicazione di una norma di diritto penale sostanziale dichiarata incostituzionale, costituisce un ostacolo al perseguimento degli obiettivi rieducativi imposti dall'art. 27, comma 3, Cost, in quanto verrà "avvertita come ingiusta da chi la sta subendo, per essere stata non già determinata dal giudice nell'esercizio dei suoi ordinari e legittimi poteri, ma imposta da un legislatore che ha violato la costituzione".
Attesa la necessità di rideterminare in sede esecutiva la pena inflitta in base ad una normativa dichiarata incostituzionale, al giudice dell'esecuzione spetta preventivamente la "verifica dell'incidenza concreta della decisione irrevocabile" sulla libertà personale del soggetto ed anche la ricostruzione della "concreta incidenza" del contenuto della decisione irrevocabile sul trattamento sanzionatorio provocato da una norma espunta "ex tunc" dall'ordinamento.
Il giudice, nel rideterminare la sanzione, dovrà quindi tener conto della compiuta ricostruzione del fatto e delle norme applicabili al momento della decisione in punto di commisurazione della sanzione (ex artt. 132 e 133 c.p.).
Non verrà attuata una revoca in toto del precedente titolo, ma "una sua parziale rinnovazione e integrazione per quanto concerne l'entita della pena, con ogni conseguenza di legge".
Accolto il ricorso, la Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame.
Cassazione, sent. 34539/2015