di Valeria Zeppilli - Chiedere a un legale di valutare quanto una proposta commerciale sia concreta basta per fargli ottenere il compenso professionale, senza che a nulla rilevi il fatto che il contratto sia poi andato a buon fine o meno.
A sancirlo è una recente sentenza della Corte d'Appello di Ancona (n. 978/2014), in una vicenda riguardante un legale che per concludere il contratto, poi saltato, si era dovuto recare persino in Egitto.
Così, nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto irrilevante il fatto che la pratica contrattuale fosse seguita anche da un altro avvocato, per gli aspetti strettamente legali, e che l'affare non sia stato concluso: affinché un contratto di mediazione possa ritenersi perfezionato, e possa essere quindi riconosciuto nel caso di specie un diritto del soggetto interessato ad essere retribuito, è sufficiente che la volontà sia stata manifestata anche solo per fatti concludenti.
Invero, come stabilito anche dalla Cassazione, il presupposto essenziale del diritto alla percezione della provvigione non è il fatto che l'incarico sia stato conferito espressamente, quanto il fatto che il mediatore abbia svolto un'attività utile per la conclusione dell'affare e che le parti ne fossero consapevoli e ne abbiano tratto un vantaggio.
Dato che nel caso di specie l'avvocato, oltre ad aver viaggiato appositamente per lo scopo affidatogli, aveva anche con sé una proposta di cessione che il partner in Egitto aveva visionato e firmato per ricevuta, il suo diritto alle competenze maturate deve essere riconosciuto.