di Valeria Zeppilli - Se il dipendente ha trovato un nuovo lavoro che sia qualificante tanto quanto il precedente, non è contraddittorio da parte dei giudici condannare il vecchio datore di lavoro solo per mobbing e non anche per danno alla professionalità.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16690 depositata l'11 agosto 2015 (qui sotto allegata).
Nel caso di specie, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni per giusta causa, in conseguenza di trattamenti vessatori posti in essere dal proprio superiore gerarchico e sulla base dei quali quest'ultimo era stato poi condannato per mobbing, la ricorrente aveva, in un primo momento, trovato un impiego per lei poco soddisfacente, ma, poi, si era collocata su una nuova posizione di lavoro con trattamento economico e livello di inquadramento definitivo non inferiori rispetto a quelli della posizione che ricopriva alle dipendenze del vecchio datore di lavoro.
In presenza di un nuovo lavoro adeguato alle competenze della lavoratrice, quindi, già la Corte di Appello aveva ritenuto non sussistente un danno alla professionalità che potesse aggiungersi al riconosciuto mobbing. Ciò, peraltro, anche in considerazione del fatto che la lavoratrice aveva oltretutto percepito l'indennità di preavviso.
La Corte di cassazione, con la sentenza in commento, si è associata a tale ragionamento e ha rigettato le censure della ricorrente, in quanto non idonee sotto questo aspetto a invalidare la decisione impugnata.
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