di Marina Crisafi - Non sembra trovare pace negli ultimi tempi la giustizia civile che, oggetto di continue e frammentarie modifiche da parte del legislatore (d'urgenza), continua a fare, come i gamberi, un passo avanti e uno indietro. Se ciò vale, in via generale, per le diverse e sostanziali novelle apportate alla procedura, se si entra nello specifico dell'espropriazione forzata è ancora più evidente. Il riferimento è in particolare alla pluririformata disciplina sulla dichiarazione del terzo, oggetto, prima della miniriforma della giustizia civile operata dal d.l. n. 132/2014 e ora dalla legge di conversione del decreto n. 83/2015 (c.d. d.l. Fallimenti) in via di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Ma procediamo per gradi.
Il c.d. decreto giustizia, meno di un anno fa, ha novellato la disciplina codicistica (già modificata da ulteriori e recenti interventi), prevedendo che la "dichiarazione del terzo" potesse essere resa in ogni caso a mezzo lettera raccomandata o posta elettronica certificata, eliminando in sostanza la necessità della comparizione in udienza del terzo prevista (ormai soltanto) per i crediti impignorabili di cui all'art. 545 c.p.c. salvo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione.
In tale ipotesi, secondo il novellato art. 548 c.p.c., il terzo dovrà comparire in un'apposita udienza e laddove non compaia o non renda la dichiarazione "il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione".
Ora il d.l. n. 83/2015, o meglio le modifiche apportate dalla relativa legge di conversione, fanno un passo indietro, introducendo nell'art. 548 c.p.c., relativo alla mancata dichiarazione del terzo, la previsione che il credito (o il bene) pignorato si considerano non contestati soltanto se "l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo".
In sostanza, il silenzio del terzo non può valere quale riconoscimento della debenza, in mancanza della certezza, da parte del creditore, delle somme o dei beni in possesso del terzo pignorato.
Analogamente, la riforma ha modificato anche l'art. 549 c.p.c., prevedendo che il giudice provveda con ordinanza sia in caso di contestazioni sulla dichiarazione che a seguito dell'impossibilità dell'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo.
Le modifiche apportate in sede di conversione al d.l. n. 83/2015