di Marina Crisafi - Anche se due ex vanno in vacanza insieme ciò non vale ad interrompere il decorso dei termini per ottenere il divorzio. Lo ha affermato una recente sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 23 giugno 2015 (qui sotto allegata), accogliendo la domanda di un uomo per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
A nulla sono valse le eccezioni formulate dall'ex moglie che si opponeva all'accoglimento della domanda, sostenendo che il marito era tornato ad abitare con lei per un'intera estate (dal giugno al settembre 2011) ricostituendo quindi "l'unione materiale e spirituale" della coppia, finché non aveva deciso nuovamente di abbandonare la casa familiare senza alcuna spiegazione.
Il tribunale nisseno ha ricordato, infatti, che in base all'art. 3 della l. n. 898/1970 per la proposizione della domanda di divorzio è necessario che la separazione (giudiziale) si sia protratta "ininterrottamente" dal momento della comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale. Alla vicenda è applicabile la vecchia formulazione dell'articolo, antecedente alla riforma del divorzio breve, e dunque il termine è di tre anni, ma in ogni caso il requisito della mancata interruzione (pur nei termini ridotti di 12 mesi per le separazioni giudiziali e di 6 mesi per le separazioni consensuali) è rimasto fermo anche nel testo attuale dell'art. 3, novellato dalla l. n. 55/2015.
Inoltre, ha aggiunto il collegio, richiamando la sentenza n. 1227/2000 della Cassazione, lo stato di separazione tra i coniugi può dirsi legittimamente interrotto nel caso in cui "si sia concretamente e durevolmente ricostituito il preesistente nucleo familiare nell'insieme dei suoi rapporti materiali e spirituali sì da ridar vita al pregresso vincolo coniugale, e non anche quando il riavvicinamento dei coniugi, pur con la ripresa della convivenza e dei rapporti sessuali, rivesta caratteri di temporaneità e occasionalità".
Orbene, nel caso di specie, ha osservato il tribunale, è vero che i due ex coniugi nei mesi estivi avevano ripreso a convivere, come confermato anche da numerosi testimoni, ma, a detta dello stesso figlio della coppia "tale situazione non era stabile", giacché alcune volte il padre rimaneva a casa della madre e altre volte, invece, andava via.
In sostanza, si era trattato di un tentativo andato male, posto che ad appena un mese dalla fine della convivenza l'uomo aveva chiesto il divorzio, il che rappresenta per il giudice nisseno un "chiaro sintomo della mancata ricostituzione del vincolo coniugale e della natura e delle finalità del riavvicinamento intervenuto tra le parti", tenendo conto peraltro "della brevità del periodo in questione".
Tutto ciò in definitiva esclude la sussistenza degli estremi dell'interruzione della separazione, per cui, domanda accolta e divorzio confermato, oltre alla condanna, per la donna, al pagamento di oltre 4mila euro per le spese di giudizio.
Tribunale Caltanissetta, sentenza 23 giugno 2015