Emanato nell'ambito del Jobs Act, in attuazione della delega sulla riforma del lavoro (l. n. 183/2014), il decreto legislativo n. 80/2015 è intervenuto sulla disciplina delle tutele a sostegno della maternità e della paternità, modificando radicalmente l'istituto del congedo parentale.
Il congedo parentale è quello che sino a qualche mese fa spettava ai lavoratori genitori per i primi otto anni di età dei figli e che oggi spetta loro sino ai dodici anni dei bambini, al fine di provvedere alla cura e all'accudimento della prole.
Il godimento di tale tipologia di congedo è facoltativa per i genitori, che possono avvalersene complessivamente per undici mesi, da suddividere in massimo sei mesi per la madre e massimo sette mesi per il padre.
I lavoratori che decidano di avvalersi di tale astensione facoltativa dal lavoro, tuttavia, ricevono un trattamento economico che per i primi sei anni di età del bambino è assai esiguo, corrispondendo al 30% della retribuzione, e per gli anni successivi è addirittura nullo, tranne che per i lavoratori con reddito basso.
Oggi, a seguito delle modifiche introdotte con il Jobs Act, i lavoratori genitori possono utilizzare il congedo parentale anche su base oraria, sino alla metà dell'orario medio giornaliero (leggi: "Congedo parentale a ore: da oggi via alle domande").
Il congedo parentale non è l'unica forma di astensione dei lavoratori genitori dal lavoro.
La principale tutela posta a favore delle lavoratrici madri, infatti, è il cd. congedo di maternità, ovverosia quel periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per un periodo di cinque mesi che abbraccia i due mesi prima della data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto ed è posticipabile di un mese nel caso in cui le condizioni di salute della donna lo consentano.
Durante tale arco temporale la lavoratrice ha diritto a un'indennità pari all'80% della retribuzione, che il datore di lavoro può anche decidere di integrare, e, al suo scadere, ha diritto a rientrare nella stessa unità produttiva, o al massimo in altra sita nello stesso comune, con adibizione a mansioni uguali o equivalenti a quelle antecedenti la fruizione del congedo.
L'astensione del padre dal lavoro in caso di morte o grave infermità della madre
E' opportuno sottolineare che nel caso in cui la madre sia deceduta o gravemente malata, il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutto il periodo non goduto di congedo obbligatorio successivo al parto, beneficiando del medesimo trattamento economico previsto ordinariamente per la madre.
Vi è poi il congedo di paternità, ovverosia il diritto anche del padre lavoratore di astenersi dal lavoro per massimo tre giorni, di cui uno obbligatoriamente, in occasione della nascita del figlio ed entro cinque mesi dall'evento, con indennità pari al 100% della retribuzione.
I riposi giornalieri
Un'ulteriore tutela a sostegno della genitorialità apprestata dal nostro ordinamento è data dalla previsione in base alla quale la madre o, alternativamente, il padre hanno diritto, durante il primo anno di vita del bambino, a un'ora di riposo giornaliero se l'orario lavorativo è inferiore a sei ore o a due ore se eccede tale soglia.
I riposi giornalieri sono remunerati con un'indennità pari al 100% della retribuzione.
I congedi per la malattia del bambino
Infine, i lavoratori genitori possono assentarsi dal lavoro, con perdita della retribuzione salvo trattamenti di miglior favore previsti dai contratti collettivi, anche in occasione della malattia del figlio.
La fruizione di tale tipologia di congedo spetta in misura illimitata per i primi tre anni di vita del bambino e sino a cinque giorni l'anno se il bambino ha dai tre agli otto anni. E' comunque sempre necessario presentare un apposito certificato medico per poterne beneficiare.
Decreto Legislativo n. 80/2015.