di Lucia Izzo - Costituisce fonte di responsabilità professionale, il comportamento dell'avvocato che omette di comunicare al cliente la fissazione dell'udienza penale dibattimentale e l'avvenuta notificazione della sentenza di condanna, fino a far decorrere il termine per impugnare.
Sul difensore gravano obblighi di buona fede oggettiva e correttezza, ed egli potrà ritenersi svincolato dagli oneri dell'incarico solo a seguito di rinuncia al mandato o revoca della procura da parte del cliente.
Tuttavia, ciò non fa automaticamente perdere al procuratore rinunziante o revocato lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente, che non ha efficacia nel processo almeno fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione, questo per effetto del la cd. perpetuatio dell'ufficio di difensore.
Questo ha ribadito la terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza 16991/2015 (qui in allegato), originata dal ricorso proposto da un avvocato condannato in primo e secondo grado al risarcimento del danni nei confronti di un cliente a causa di violazione dei doveri professionali.
Il ricorrente, nella sua qualità di avvocato difensore in procedimento penale, ometteva di comunicare all'assistito la fissazione dell'udienza dibattimentale, di svolgere la propria difesa all'udienza e di comunicargli la pronuncia di condanna, determinando il passaggio in giudicato della sentenza a suo carico.
I giudici puntualizzano in una lunga disamina critica le modalità di proposizione del ricorso, strutturato con motivi inammissibili poiché carenti della puntuale indicazione degli atti necessari alla valutazione da parte del collegio, nonché privi dei caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata. Il ricorrente in realtà, tenta di sollecitare un nuovo giudizio di merito, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità e ponendosi in contrasto con i fermi principi della Corte.
Nel merito, l'avvocato è un professionista tenuto all'esecuzione del contratto secondo i canoni della diligenza qualificata, nonchè della buona fede e della correttezza, che trovano applicazione anche a prescindere dagli obblighi contrattuali in quanto un comportamento leale è alla base della vita di relazione, specificandosi in obblighi di informazione ed avviso e salvaguardando l'utilità altrui nei limiti dell'apprezzabile sacrificio.
Gli impegni imposti, correlati al caso concreto, alla natura del rapporto e alla qualità dei soggetti coinvolti, dimostrano che in ragione del proprio incarico il difensore sia tenuto a fornire al cliente le informazioni necessarie anche per consentirgli di valutare i rischi insiti nell'iniziativa giudiziale.
La responsabilità professionale è dunque evidente, poiché tali obblighi informativi sarebbero stati dovuti anche in caso di sostituzione (per revoca o rinuncia) del difensore, che avrebbe dovuto affiancare la parte sino a nomina del nuovo avvocato, nonché informare quest'ultimo della notifica di sentenze successivamente alla cessazione dell'incarico, per dovere di diligenza professionale.
Quanto alle comunicazioni, il ricorrente si limita a dedurre di averle comunicate telefonicamente e, se anche ciò fosse vero, la sua condotta sarebbe gravemente negligente in quanto inidonea a far comprendere il reale contenuto ed il significato dei complessi atti in questione.
All'inammissibilità ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Cass., III sex. Civile, sent. 16991/2015