L'avvocato è personalmente responsabile per le condotte poste in essere, nell'ambito dell'incarico ad esso affidato, dai suoi collaboratori, dai sostituti nonché dagli associati, fatta eccezione per i fatti che integrino una esclusiva e autonoma responsabilità di tali soggetti.
Lo dispone l'art. 7 del Codice di deontologia forense, ricalcando, solo in parte, la norma prevista all'art. 34 del testo precedentemente in vigore, la cui formulazione, includeva tra i soggetti, i cui comportamenti gravano sull'avvocato che ha conferito loro incarichi specifici, anche gli "ausiliari", salva la dimostrazione di autonoma (ma non "esclusiva") responsabilità e, in ordine alle associazioni professionali, imputava la responsabilità disciplinare "soltanto all'avvocato o agli avvocati cui si riferiscano i fatti specifici commessi".
In applicazione del suddetto principio, il Consiglio Nazionale Forense (con sentenza pubblicata sul sito istituzionale, qui sotto allegata), ha confermato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per la durata di sei mesi, inflitta ad un legale che, pur avendo ricevuto cospicui acconti dal proprio cliente, aveva omesso di svolgere il mandato ricevuto, trattenendo somme di spettanze dell'assistito e non avendogli fornito le dovute informazioni sullo stato della pratica, adducendo a sua discolpa che l'incarico era stata seguito da un suo collaboratore al quale egli stesso l'aveva affidato.
Il CNF, rigettando il ricorso dell'avvocato, ha affermato che la responsabilità deontologica del corretto svolgimento di una pratica, anche nell'ipotesi in cui il professionista l'abbia affidata alle cure dei suoi collaboratori, ricade sullo stesso, il quale è tenuto a "rispondere dell'attività dei suoi sostituti avendo inoltre il dovere di vigilanza e l'obbligo di avvisare il cliente che la pratica è stata affidata ad altra persona del suo stesso studio".
Vedi anche: La responsabilità professionale dell'avvocato. Un'anno di pronunce della Cassazione - Con raccolta di articoli e sentenze
Sentenza del Consiglio Nazionale Forense, n. 290/04