I giudici, infatti, chiariscono che la contravvenzione di cui al secondo comma dell'articolo 727 del codice penale punisce allo stesso modo che l'abbandono di animali solo la condotta di chi li detiene in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Per la Corte tale circostanza è ben diversa dallo stato di benessere molto carente accertato dal veterinario della USL e, in assenza di evidenza di gravi sofferenze su nessuno dei 343 cani ospitati nella struttura, la stessa non va sanzionata.
I giudici hanno colto l'occasione per specificare che, con riferimento alle specie animali più note, quali quelle domestiche, la natura rispetto alla quale va accertata l'incompatibilità della detenzione va valutata tenendo conto del patrimonio di comune esperienza e conoscenza, mentre, con riferimento alle altre, essa va giudicata tenendo conto delle acquisizioni delle scienze naturali.
Anche il sovraffollamento va escluso nel caso di specie dato che il canile era autorizzato a ospitare 500 animali e ne ospitava 343.
È evidente che si tratta di una decisione forte, legata a un'interpretazione strettamente letterale della normativa di legge, che darà senza dubbio adito a non poche discussioni.
Corte di cassazione testo sentenza numero 36377/2015