di Marina Crisafi - La revisione dell'assegno di mantenimento dei figli richiede "l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, tale da mutare il pregresso assetto patrimoniale tra essi e da incidere sul contenuto dell'obbligo di mantenimento, che deve essere proporzionale alle loro sostanze e capacità di lavoro".
Lo ha ricordato la Cassazione, con l'ordinanza n. 17852/2015 depositata ieri (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un padre avverso la sentenza della Corte d'appello di Brescia che aveva ripristinato l'originario importo dell'assegno in favore della figlia minore a 1.000 euro precedentemente ridotto a 400 euro dal giudice di primo grado.
L'uomo ricorreva pertanto in Cassazione, sostenendo di non poter continuare a corrispondere il mantenimento alla figlia, avendo chiuso la propria ditta individuale.
Ma dagli accertamenti risulta il contrario.
Avallando il ragionamento seguito dal giudice d'appello, la S.C. precisa, infatti, che è vero che la ditta è stata chiusa, ma l'attuale convivente dell'uomo ne ha aperta una nuova con lo stesso oggetto sociale di quella cessata ed è anche emerso che l'ex marito aveva anche alienato alla compagna un immobile di pregio, ovvero un'abitazione con giardino e piscina.
A nulla è valso poi per far cambiare la decisione della Corte, il fatto che la ex moglie avrebbe instaurato una nuova convivenza more uxorio. A prescindere dal fatto che la circostanza non è stata provata, la Corte fa notare che la nuova convivenza non può incidere sull'importo del mantenimento per i figli.
Per cui non si dà luogo a nessuna riduzione dell'assegno, il ricorso è rigettato e l'uomo condannato alle spese di causa.
Cassazione, ordinanza n. 17852/2015