Dott. Stefano Trobbiani - Il contratto di società è un contratto a forma variabile, di durata, associativo e con comunione di scopo. È dubbio se possa intendersi come o meno un negozio a prestazioni corrispettive. Da tale qualifica dipende la possibilità di applicare al contratto in questione gli istituti della risoluzione per eccessiva onerosità e della rescissione per lesione.
Il negozio societario, definito dall'art. 2247 c.c. come il contratto con cui due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili (i), appartiene alla categoria dei contratti plurilaterali con comunione di scopo(ii), individuata dal combinato disposto degli articoli 1420, 1446, 1459 e 1466 del codice civile.
Tali sono i negozi, stipulati tra due o più parti, in cui le prestazioni sottese all'accordo convergono al raggiungimento di uno scopo comune, che, nella specifica ipotesi del contratto societario, è rappresentato dalla produzione e dalla divisione di utili.
Nei contratti con comunione di scopo è possibile sciogliere il legame negoziale relativamente ad un solo soggetto senza far venir meno l'intero contratto e ciò indica che, di regola, la partecipazione di una qualsiasi delle parti ed il suo apporto non devono ritenersi essenziali(iii).
È dubbio se la comunione di scopo escluda o meno il carattere corrispettivo delle prestazioni.
Nel caso in esame si tratta di stabilire se il socio, a fronte del conferimento, riceva o meno una controprestazione e quale ne sia l'oggetto in caso di risposta affermativa.
La dottrina tradizionale(iv) ritiene che nei contratti con comunione di scopo non vi sia alcuna corrispettività tra le prestazioni e che gli adempimenti delle obbligazioni negoziali siano tutti orientati al conseguimento del fine prefissato. Nel contratto societario, dunque, i conferimenti dei soci sarebbero giustificati solamente dalla necessità di dotare la società dei mezzi necessari per l'esercizio dell'attività ed a fronte di essi il socio non otterrebbe nessuna controprestazione. Secondo la tesi tradizionale sarebbe tale profilo a caratterizzare la categoria negoziale distinguendola da quella sinallagmatica.
La tesi è avallata da parte della giurisprudenza (v), la quale, dalla mancanza del sinallagma contrattuale, ha argomentato l'inapplicabilità al contratto societario delle norme previste per la risoluzione e per la rescissione contrattuale in quanto presuppongono la corrispettività delle prestazioni sottese al negozio. Contro il socio a cui sia rimproverabile un grave inadempimento delle obbligazioni imposte dalla convenzione negoziale o dalla legge, pertanto, può esperirsi solamente il rimedio dell'esclusione (disciplinato dal comb. disp. artt. 2286, 2344 co. 2 e 2466 co. 3 c.c.) e non anche quello della risoluzione contrattuale, regolato in via generale dagli articoli 1456 e successivi del codice civile.
Un diverso e più recente pensiero (vi) si distingue reputando che, ai fini del giudizio sulla sinallagmaticità, rilevi unicamente unicamente il carattere oneroso del contratto. Ne consegue un giudizio di compatibilità della comunione di scopo con il carattere corrispettivo delle prestazioni contrattuali.
Nello specifico caso del contratto di società, la prestazione che sottende al conferimento effettuato dal socio si legherebbe in un rapporto di reciprocità con la partecipazione agli utili sociali, come ritenuto da alcuni(vii), o con l'acquisizione dello status di socio, come reputato da altri (viii).
In sintesi, la dottrina più moderna sostiene che quello societario sia un contratto a prestazioni corrispettive nel quale il socio, a fronte del conferimento, riceve una partecipazione al capitale sociale(ix).
Non sarebbe, dunque, il carattere sinallagmatico a distinguere le tipologie negoziali in commento, e le differenze tra esse intercorrenti sarebbero individuabili analizzando altri aspetti.
Il primo di essi si ravvisa nel fatto che nei contratti a prestazioni corrispettive il valore della prestazione ricevuta da una parte dovrebbe essere, almeno tendenzialmente, simile a quello della prestazione effettuata a favore dell'altra, mentre nei contratti con comunione di scopo le prestazioni possono essere eterogenee per natura e per valore, poiché l'apporto offerto da una parte non è parametrato a quello delle altre. Il conferimento di un socio, ad esempio, non obbliga in alcun modo gli altri ad effettuarne uno di analogo valore perché ciascuno è tenuto a conferire unicamente nella misura che ha scelto nell'atto costitutivo.
La seconda considerazione riguarda la modalità con cui si soddisfano gli interessi propri dei soggetti negoziali. È stato osservato che nei contratti con comunione di scopo l'avvenimento che realizza l'interesse dei contraenti è uno solo, laddove in quelli sinallagmatici i diversi interessi sono soddisfatti da avvenimenti distinti. Volendo esemplificare, si può ricordare che nella compravendita, tipico contratto a prestazioni corrispettive, l'interesse del venditore si realizza dalla riscossione del prezzo, mentre quello del compratore si appaga con l'acquisto del diritto di proprietà. Nelle società, invece, l'interesse di ciascun socio è soddisfatto dal medesimo risultato, ovvero dall'esercizio in comune dell'attività economica e dalla conseguente distribuzione degli utili.
Chi aderisce alla tesi in esame ritiene che al contratto di società non possa applicarsi la disciplina della risoluzione per inadempimento, ritenendola esclusa dal carattere speciale della normativa societaria. Si ritiene cioè che la disciplina societaria, per il principio di specialità, deroghi quella generale dettata per tutti i contratti. Non si riscontrerebbero, al contrario, motivi sufficienti per escludere l'applicazione degli istituti giuridici della risoluzione per eccessiva onerosità e della rescissione per lesione(x).
È controverso stabilire se le tipologie negoziali di cui sopra differiscano anche dal punto di vista della contrapposizione degli interessi delle parti negoziali.
Un orientamento(xi) reputa che la condivisione di uno scopo comune faccia convergere tutti gli interessi delle parti negoziali neutralizzandone la conflittualità, un altro(xii) che la contrapposizione degli interessi permanga. Chi aderisce al secondo intendimento, infatti, reputa che la contrapposizione degli interessi caratterizzi il contratto in quanto tale e che si profili in ogni tipologia contrattuale(xiii). La tesi si rafforza considerando che dall'unicità dello scopo non può dedursi la comunione degli interessi negoziali dei soci perché, perfezionando un atto costitutivo societario, essi stabiliscono le regole che disciplineranno i loro rapporti giuridico-patrimoniali e che determineranno l'incidenza di ciascuno nella compagine. Almeno nella fase costitutiva dell'organizzazione societaria, pertanto, gli interessi individuali si contrappongono, dovendosi presumere che ciascuno punti ad ottenere pattuizioni contrattuali il più possibile vantaggiose per sé stesso.
Proseguendo nell'analisi del negozio societario emerge che esso appare come un contratto di durata ed associativo(xiv), intendendosi con tale ultima espressione un accordo a mezzo del quale le parti, associandosi tra loro in modo stabile, danno origine ad un nuovo soggetto di diritto. L'interesse dei soci, infatti, non si appaga con l'esecuzione dei conferimenti, ma con l'esercizio non occasionale di un attività economica che permetta la distribuzione di utili. Ciò implica la costituzione di una organizzazione che regoli i rapporti giuridico-patrimoniali tra i soci e tra questi ed i terzi che con loro entrano in contatto. Per tali motivi si afferma che le situazioni giuridiche soggettive che nascono dall'atto costitutivo societario hanno carattere prevalentemente strumentale(xv).
Trattasi, inoltre, di negozio consensuale(xvi ) e ad effetti reali(xvii).
Il conferimento effettuato dal socio, infatti, non deve essere inteso come una condizione del perfezionamento negoziale, ma come l'adempimento di una obbligazione assunta con la sottoscrizione del contratto(xviii).
In merito alla forma si ricorda che mentre l'atto costitutivo delle società di persone non è soggetto a particolari oneri formali(xix), quello delle società di capitali richiede, a pena di nullità, la redazione in atto pubblico(xx). Tali differenze normative inducono ad affermare che il contratto de quo sia un contratto a forma variabile.
Infine, in merito al contenuto del negozio, richiamando ancora la definizione di cui all'art. 2247 c.c., si evince che le società sono caratterizzate dai conferimenti(xxi), dall'esercizio in comune di attività economica, cioè dal c.d. lucro oggettivo (xxii) e dalla divisione degli utili, ovvero dal c.d. lucro soggettivo(xxiii).
Dott. Stefano Trobbiani
Dottorando dell'Università degli Studi di Macerata
iSebbene a seguito dell'emanazione del d.lgs. 03 marzo 1993 n. 88 e del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 sia possibile la costituzione di società per azioni e a responsabilità limitata a mezzo di negozi unilaterali, si ritiene che tali innovazioni legislative non hanno inficiato l'importanza della definizione contrattuale, che continua a rivestire un ruolo chiave nello studio delle dinamiche societarie. La suddetta disposizione, infatti, elenca i requisiti che caratterizzano il fenomeno societario e che lo distinguono dalle fattispecie limitrofe. Le novelle sopra ricordate, inoltre, hanno carattere eccezionale e perciò non mutano la natura normalmente contrattuale della società. Sussiste, pertanto, una sostanziale omogeneità e fungibilità tra il negozio unilaterale e quello pluripersonale poiché entrambi costituiscono strutture organizzative dalle caratteristiche omogenee. Cfr. C. Angelici, Società unipersonali: l'esperienza comparativistica, in Le Società, 1993, p. 985; I. G.F. Campobasso, Diritto commerciale, 2, Milano, 2012, p.3; I. Chieffi, La nuova s.r.l. unipersonale, in Riv. soc., 1994, pp. 525, 606; C. Costa, La società a responsabilità limitata con un unico socio, in Vita not., 1993, p. 39 ss. C. Ibba, La società a responsabilità limitata con un solo socio. Comme limitata nto al d.lgs. 3 marzo 1993 n. 88, Torino, 1995, p. 51; A. Palumbo, Le società in generale e le società di persone, Milano, 2008, p. 66, nota 7.
Si noti che il contratto societario ha struttura plurilaterale anche quando i soci sono solamente due perché, essendo un contratto aperto, è idoneo a sopportare la successiva adesione di altre parti. Cfr. T. Ascarelli in Riv. dir. comm., 1950, I, p. 266; M. Ghidini, op. cit. p. 80. A. Graziani, Diritto delle società, cit., p. 29; F. Messineo, voce Contratto plurilaterale in Enc. dir., vol. IX, Milano, 1962, p. 161.
iiLa qualificazione del negozio societario come un contratto con comunione di scopo è pacifica.
In dottrina: P. Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, in Tratt. dir priv. diretto da P. Rescigno, vol. 16, Torino, 1985, p. 6 ss.; G. Auletta, Il contratto di società commerciale, Milano, 1937, p. 31; G. F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 3 ss.;.; F. Di sabato, Manuale delle società, Torino, 1999, p. 30 ss.; M. Ghidini, Società personali, Padova, 1972, p. 80; A. Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1962, p. 28 ss.; G. Marasà, Le società. Le società in generale, in Trattato G. Iudica - P. Zappi, Padova, 2000, p. 7 ss.; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2013, p. 1399;
In giurisprudenza: Cass. civ. 18/01/2001, n. 694 in Società, 2001 con nota di Paolucci; Cons. Stato 04/06/2004, n. 3490 in Foro Amm. CDS, 2004, 1791.
iiiAi fini di una maggiore intellegibilità del testo si riportano le disposizioni codicistiche sopra richiamate:
Art. 1420 c.c. Nullità nel contratto plurilaterale. Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Art. 1446 c.c. Annullabilità nel contratto plurilaterale. Nei contratti indicati dall'articolo 1420 l'annullabilità che riguarda il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del contratto, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Art. 1459 c.c. Risoluzione nel contratto plurilaterale. Nei contratti indicati dall'articolo 1420 l'inadempimento di una delle parti non importa la risoluzione del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Art. 1466 c.c. Impossibilità nel contratto plurilaterale. Nei contratti indicati dall'articolo 1420 l'impossibilità della prestazione di una delle parti non importa scioglimento del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
ivIn dottrina, cfr.: P. Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, cit., p. 6 e ss.; T. Ascarelli, Il contratto plurilaterale, in Saggi giuridici, Milano, 1949, p. 210 ss.; G. Auletta, il contratto di società commerciale, cit., p. 34; G. F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 3; F. Ferrara jr, F. Corsi, Gli imprenditori e la società, Milano, 2001, p. 232; P. Ferro Luzzi, I contratti associativi, Milano, 2001, p. 217 ss.; A. Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1962, p. 34 e segg; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit. p. 1393; G. Santini, Società a responsabilità limitata, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1984, p. 22, nota n.9.
vCfr. Cass. 04/05/1993, n. 5180: "L'eccezione d'inadempimento (art. 1460 c.c.) è proponibile solo in relazione ai aulettacontratti con prestazioni corrispettive, in quanto è preordinata alla tutela degli interessi contrapposti delle parti, e non è, quindi, configurabile in ordine al contratto di società, nel quale non vi sono interessi contrapposti tra il socio e l'ente sociale e questo, in caso di morosità del primo nell'adempimento dei propri obblighi, ha solo l'alternativa di pretendere l'adempimento o di sciogliere il vincolo sociale, limitatamente al socio inadempiente, con l'esclusione dello stesso." in Mass. Giur. It., 1993; Conformi: Trib. Milano, 20/02/2007 in Giur. It., 2007, 8-9, 1978; Trib. Milano, 08/07/2005 in Corriere del Merito, 2005, 11, 1129: "Nei contratti consociativi, quali quello di società, caratterizzati non dalla bi-univocità dei rapporti e dalla corrispettività delle prestazioni, bensì dalla circolarità dei rapporti e dalla destinazione delle prestazioni al perseguimento dello scopo comune, non risultano utilizzabili i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale (in particolare, risoluzione del contratto ed "exceptio inadimpleti contractus") ma solo i diversi rimedi del recesso e dell'esclusione dei soci".
viV. Buonocore, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1997, p. 130; L. Cariota, Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli,1966, p. 225. e ss.; M.C. Diener, Il contratto in generale, Milano, 2010, p. 64; F. Di sabato, Manuale delle società, cit., p. 31; G. Marasà, Le società, cit., p. 7 e ss.; G. Mirabelli, Dei contratti in generale in Comm. cod. civ., Torino, 1980, 590, nota 30; M. Notari, Disposizioni generali. Conferimenti. Azioni, in Aa. Vv, Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, p. 126;
vii G. Marasà, op. cit., p. 13: "Il momento dello scambio si rinviene anche nel contratto di società, dal momento che il socio, a fronte dell'obbligo di conferimento nel patrimonio sociale acquista il diritto di partecipazione".
viiiF. Di sabato, Manuale delle società, cit, p. 32: "Constatato che le prestazioni dei soci (i conferimenti) non sono tra loro contrapposte, ma tutte sono in funzione dello scopo comune, sembra preferibile ritenere che la corrispettività sussista non tra i conferimenti ed il diritto agli utili e alla quota di liquidazione , essendo questa concezione rifuttiva rispetto alla complessità delle situazioni giuridiche facenti capo al socio, bensì tra i conferimenti e la partecipazione societaria, intesa non come entità astratta, o come status, ma come espressione di sintesi di tutte le situazioni soggettive attive e passive del socio in quanto tale". M. Notari, Disposizioni generali. Conferimenti. Azioni, cit., p. 126: "La causa tipica del conferimento consiste pertanto nell'attribuzione di capitale di rischio a favore della società, a fronte dell'assegnazione di partecipazioni azionarie a favore del socio".
ixChi aderisce alla tesi in esame ritiene che al contratto di società non possa applicarsi la disciplina della risoluzione per inadempimento perché esclusa dal carattere speciale della normativa societaria. Si ritiene, più esattamente che la disciplina societaria, per il principio di specialità, deroghi quella generale dettata per tutti i contratti. Non si riscontrerebbero, al contrario, motivi sufficienti per inibire l'applicazione degli istituti giuridici della risoluzione per eccessiva onerosità e della rescissione per lesione.
xIn dottrina, cfr, G.F. Campobasso, Diritto commerciale, cit. p. 5 nota 7; G. Marasà, Le società, cit., p. 13.
In giurisprudenza: T.A.R. Campania, 14/03/2006, n. 2943: "Con specifico riferimento all'ipotesi della società per azioni, così come d'altronde per tutti i contratti societari, ed, ancora, per il più ampio genere dei contratti associativi, i vari atti costitutivi siano agevolmente riconducibili alla categoria dei contratti associativi con comunione di scopo nei quali, secondo la migliore dottrina, la presenza del sinallagma non si deve rinvenire fra i reciproci conferimenti dei soci (tutti in funzione dello scopo comune e non l'uno in funzione dell'altro), quanto tra il conferimento da un lato e la partecipazione agli utili sociali (anche sotto forma della fruizione dei vantaggi derivanti dai servizi o dal risparmio di spesa che il consorzio è in grado di apportare ai vari consorziati) dall'altro. Sul piano disciplinare, coerentemente si è ritenuto applicabile al contratto di società il rimedio della rescissione per lesione (artt. 1447, 1452 c.c.), ma non quello della risoluzione per inadempimento e per impossibilità sopravvenuta (artt. 1453, 1466 c.c.) in quanto, per tali evenienze il codice detta una disciplina particolare compatibile con la conservazione dell'intero contratto (a meno che la prestazione mancata non si configuri come essenziale: artt. 1459, 1466 c.c.) che si risolve nella caducazione della singola partecipazione sociale attraverso l'esclusione del socio dalla società. Non incompatibile con la categoria appare poi l'azione di adempimento prevista dall'art. 1453 c.c. per il recupero coattivo delle quote mancate, per quanto, in materia di società per azioni, prevalga la normativa speciale di cui all'art. 2344 c.c. che, coerentemente con la natura consensuale del contratto di società, prevede e disciplina una specifica procedura di vendita in danno per l'eventuale morosità del socio che non esegue i conferimenti dovuti decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale".
Conformi: Trib. Milano, 14/10/1993 in Giur. It., 1994, I,2,, 305 con nota di Weigmann; Trib. Milano, 22/10/1990 in Società, 1991, 221 con nota di Patelli; Trib. Milano, 02/06/1988 in Giur. it., 1988, I, 2, 547.
xiCass. 04/12/1995, n. 12487 in Mass. Giur. It., 1995; Cass. 04/05/1993, n. 5180 in Mass. giur. it., 1993; Cons. Stato, 04/06/2004, n. 3490 in Foro Amm. CDS, 2004, 1791:"Deve escludersi l'applicabilità dell'art. 1341 c.c., ai contratti costituitivi di consorzi, società ed associazioni, atteso che la comunione di scopo esclude la contrapposizione di interessi tipica delle condizioni generali di contratto".
xiiP. Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, cit., p. 6; G. Marasà, Le società. Le società in generale, cit., p. 9. Si distingue A. Graziani, Diritto delle società, cit., p. 26, secondo il quale gli interessi dei soci confliggono sia nella formazione del negozio societario, in quanto ciascuno ha "interesse ad accaparrarsi la maggior parte degli utili della costituenda società con il conferimento di attività per quanto possibile ridotte", sia nel corso di esecuzione del negozio, come ad esempio "fra titolari di azioni privilegiate, di azioni di godimento, di azioni normali".
xiiiE. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. dir. civ. it., a cura di A. Cicu, F. Messineo, Milano, 1956, vol. XXII, p. 372; M.C. Diener, Il contratto in generale, cit., p. 6.
xivIn dottrina: G.F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 3: "Le società sono enti associativi a base contrattuale"; M.C Diener, Il contratto in generale, cit, p. 66: "Sono stati definiti associativi quei contratti bilaterali o plurilaterali costitutivi di un ente personificato a struttura associativa. In essi lo scopo comune è individuato nella creazione o di un ente che permetta alle parti di conseguire un lucro (società) ovvero di un organismo che consenta alle parti di godere di determinati servizi (cooperative e associazioni) ovvero nella creazione di una disciplina collettiva (consorzi)"; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., p. 1399: "Il contratto di società è un tipico contratto a carattere associativo e a struttura plurilaterale, qualificato dallo scopo comune".
In giurisprudenza: Trib. Milano Sez. Specializzata in materia di imprese Ordinanza, 28/11/2014 in Società, 2015, 6, 690 nota di Di Bitonto, Gaboardi: Il contratto sociale è contratto associativo che, prevedendo l'esercizio in comune tra i soci di un'attività economica a scopo di lucro (art. 2247 c.c.), impone ai soci particolari doveri di collaborazione al fine di raggiungimento dello scopo stesso. Tali doveri assumo poi particolare pregnanza, in ragione dell'applicazione del principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti (artt. 1175, 1375 c.c.), valido anche con riferimento alle deliberazioni assembleari quali atti esecutivi del contratto sociale
xvG.F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 4.
xviF. Ferrara jr, F. Corsi, Gli imprenditori e la società, cit., p. 232; M. Ghidini, Società personali, cit., p. 85; L. Genghini, P. Simonetti, Le società di persone, Padova, 2012, p. 9; A. Palumbo, Le società in generale e le società di persone, cit., p. 69.
xviiV. Buonocore, Le società. Disposizioni generali, in Il codice civile. Commentario, a cura di P. Shlesinger, Milano, 2000, p. 60.
xviiiNe è prova il fatto che la società, già costituitasi, possa agire in giudizio contro il socio moroso costringendolo all'esecuzione. Se il contratto societario avesse natura reale, infatti, la mancanza del conferimento impedirebbe al negozio di perfezionarsi e dunque la possibilità suddetta sarebbe di spettanza esclusiva dei soci e, contestualmente, preclusa alla società.
xixAi sensi dell'art. 2251 c.c. nella società semplice il contratto non è soggetto a forme particolari, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti. Nelle società commerciali tale norma va letta in combinato disposto con gli artt. 2297 e 2317 c.c., che dettano la disciplina applicabile ai casi di mancata registrazione di società in nome collettivo ed in accomandita semplice. L'inosservanza dell'onere pubblicitario presso le Camere di Commercio, ad ogni modo, non incide sulla validità e sul perfezionamento dell'atto costitutivo
xxCfr. artt. 2328 co.2, 2454, 2463 c.c. e 2332 c.c.
xxiAdempiendo all'obbligazione relativa ai conferimenti ciascun socio destina in modo stabile una parte della propria ricchezza e la espone al rischio di impresa poiché l'esercizio dell'attività potrebbe non essere proficuo e determinare perdite economiche. Non sussiste, inoltre,nessun obbligo della società a restituire al socio i beni in natura che ha conferito. Il debito verso i soci al rimborso, infatti, ha per oggetto l'equivalente monetario e diviene attuale solo al momento dello scioglimento totale o parziale del vincolo societario.
Giova evidenziare che l'interpretazione dell'art. 2247 c.c. condiziona il giudizio di ammissibilità del c.d. socio non conferente. Quest'ultima ricorre quando ad un soggetto che non ha effettuato alcun conferimento sono attribuite azioni o quote societarie. La problematica si origina dalla possibilità, prevista espressamente dalla riforma del diritto societario del 2003, di assegnare le suddette partecipazioni in maniera non proporzionale rispetto ai conferimenti.
Una parte della dottrina, argomentando dagli artt. 2346 e 2468 c.c., ritiene che il principio di autonomia negoziale e l'assenza di un espresso divieto permettano l'ammissione nella compagine sociale anche di chi non abbia effettuato alcun conferimento a favore della società. Nessun nocumento patrimoniale, infatti, potrebbe essere lamentato da terzi o configurarsi ai danni della società, posto che il maggior impegno degli altri soci permette di compensare il mancato conferimento. La dotazione del capitale di rischio, se capace di fornire alla società gli strumenti necessari per perseguire l'oggetto sociale, sembrerebbe in tal modo indifferente rispetto all'identità del soggetto conferente. In tal senso cfr. C. Formica, Il nuovo diritto delle società, Padova, 2005, p. 168 ss. L. Genghini, P. Simonetti, Le società di capitali e le cooperative, vol. II, Padova, 2012, p. 159; F. Magliulo, Le categorie di azioni e strumenti finanziari nella nuova s.p.a., Milano, 2004, p. 7 ss.; CNN Studio n. 148-2008/I: "La soluzione positiva è ammissibile e conduce alla piena utilizzabilità delle assegnazioni non proporzionali anche nell'ipotesi estrema in cui il beneficiario non apporti in società alcuna entità imputabile al capitale".
Per contro, un altro orientamento deduce dall'art. 2247 c.c. che tutti i soci siano tenuti ad effettuare dei conferimenti in quanto la loro realizzazione sarebbe un elemento essenziale contratto societario. Si ritiene, pertanto, che la stessa definizione di società impedisca di ammettere la figura del socio non conferente. A parere di chi scrive tale tesi vanta il pregio di una maggiore coerenza con la ratio dell'art. 2265 c.c., ovvero con il divieto del c.d. patto leonino. In tal senso: Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, cit., p. 34; Associazione Preite, Il diritto delle società, Bologna, 2012,a cura di G. Olivieri, G. Presti e F. Vella, p. 27; G. F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 186 nota 78.
xxiiSi ritiene che l'attività economica debba intendersi come un'attività di impresa, e che, pertanto, debba vantare i caratteri previsti dall'art. 2082 c.c.. Cfr: Associazione Preite, Il diritto delle società, Bologna, 2012, p. 27; G.F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 9; Regolo, Caratteri Generali, nozione e tipi in Aa. Vv, Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, p. 10. Per una più analitica trattazione del rapporto tra società ed impresa: L.Genghini, P. Simonetti, Le società di persone, cit., p. 11 e ss.; A. Palumbo, Le società in generale e le società di persone, cit., p. 27 e ss.
Il fatto che la suddetta attività deve essere esercitata in comune tra i soci comporta che i risultati della gestione, siano essi positivi o negativi, devono riguardare tutta la compagine societaria, salve le eventuali deroghe stabilite entro i limiti sanciti dall'art. 2265 c.c. La norma indica, inoltre, che gli atti di impresa devono imputarsi all'intero gruppo e non al singolo individuo. Si palesa in tal modo il bisogno di prevedere norme che regolino i rapporti coi terzi sia dal punto di vista della rappresentanza, sia da quello della responsabilità patrimoniale. Contestualmente si avverte l'esigenza di disciplinare i rapporti tra i soci sorti in dipendenza degli atti compiuti.
xxiii Il profilo teleologico del contratto sociale non riguarda solo la produzione di utili attraverso l'esercizio di un attività economica, ma concerne anche la loro divisione. Tale aspetto ha fatto dubitare che la definizione di cui all'art. 2247 c.c. sia riferibile a tutte le tipologie societarie.
Secondo una parte della dottrina il richiamo effettuato al c.d. lucro soggettivo, ovvero alla divisione degli utili, delimita l'ambito di applicazione dell'art. 2247 c.c. alle società lucrative, dovendosi escludere dalla suddetta definizione gli enti societari finalizzati al raggiungimento di uno scopo mutualistico o consortile. Cfr: P. Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, cit., p. 31; G. Ferri, Delle società, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1968, p. 46.
Altra dottrina ritiene che l'art. 2247 c.c. definisca tutte le tipologie societarie. La distribuzione degli utili, infatti, ben potrebbe essere intesa come impositiva dell'obbligo di includere tutti i soci nell'eventuale divisione. La distribuzione di dividendi pecuniari, inoltre, pare potersi equiparare al beneficio economico indiretto che il singolo ottiene con risparmi di spesa ovvero usufruendo della possibilità di accedere a mercati più favorevoli, come avviene nel caso di partecipazione a società caratterizzate dallo scopo consortile e da quello mutualistico. Ciò pare confermato dall'assenza di riferimenti normativi che impongano di dividere gli utili unicamente a mezzo di un'operazione di ripartizione. Cfr: F. Ferrara jr, F. Corsi, Gli imprenditori e la società, Milano, 2001, p. 228; M. Ghidini, Società personali, cit., p. 12; A. Graziani, Diritto delle società, cit., p.g. 7, 69, 75; Regolo, Caratteri Generali, nozione e tipi in Aa. Vv, Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, p. 10;
Controverse, infine, sono le conseguenze che possano derivare qualora una società, nei fatti, non persegua lo scopo della divisione degli utili in quanto alcuni Autori (cfr: F. Di sabato, Manuale delle società, cit., pp. 17, 18) ritengono che dalla predetta circostanza non derivino effetti giuridici, altri (cfr: G. Marasà, Le società, cit., p. 269) reputano che essa giustifichi l'esercizio dell'azione di simulazione da parte dei creditori personali del socio, mentre altri ancora (cfr. P. Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, cit., p. 31.) credono che il mancato perseguimento dello scopo di lucro comporti la nullità della società. Tale ultima soluzione non sembra però convincente a parere di chi scrive, essendo chiaramente in contrasto con le risultanze dell'art. 2332 c.c.