di Marina Crisafi - Anche se l'alcoltest è risultato positivo a causa dei farmaci assunti per curare la tosse, ciò non salva l'automobilista dalla condanna per guida in stato di ebbrezza. Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 36887/2015 depositata ieri (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un uomo avverso la sentenza della Corte d'Appello di Palermo che, in parziale riforma della pronuncia di assoluzione emessa dal tribunale in primo grado, lo riteneva responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza, condannandolo alla pena di giustizia e alla sospensione della patente per sei mesi.
L'imputato ricorreva per Cassazione lamentando che la corte di merito aveva ritenuto rilevante solo la constatazione dei carabinieri degli elementi sintomatici dello stato di ebbrezza da loro evidenziati che trovava conferma negli esiti dell'alcoltest, senza tenere conto invece che tali esiti erano falsati dall'assunzione da parte dello stesso di due fitofarmaci per curare la tosse.
Si doleva altresì che la corte non aveva considerato la relazione medica prodotta dalla quale si evinceva che effettivamente i farmaci assunti potevano comportare un aumento del livello ematico di alcol, ritenendo, invece, che ciò non provasse "né l'assunzione del farmaco né che la causa certa del rilevato tasso alcolemico fosse riconducibile all'assunzione di esso".
Ma per il Palazzaccio, il giudice d'appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza.
In tema di guida in stato di ebbrezza, ha affermato infatti la S.C., "l'esito positivo dell'alcoltest
costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi o errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione, non essendo sufficiente allegare la circostanza relativa all'assunzione di farmaci idonei ad influenzare l'esito del test, quando tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori".Inoltre, quanto alla relazione medica, bene ha fatto la corte a ritenere che neppure in astratto la circostanza dell'assunzione del farmaco potesse assumere rilievo, in quanto "trattandosi di reato colposo" spettava comunque "al conducente accertarsi, senza potersi avvalere della dedotta ignoranza e incorrendo in caso contrario in colpa, della compatibilità dell'assunzione del farmaco con la circolazione stradale al momento di mettersi alla guida".
Per cui, in definitiva, ricorso rigettato e ricorrente condannato alle spese di giudizio.
Cassazione, sentenza n. 36887/2015