di Lucia Izzo - Nonostante la formale separazione tra i coniugi, può essere sequestrato l'immobile adibito ad abitazione coniugale assegnato all'ex se il coniuge evasore fiscale vi conserva effettiva residenza.
Rilevante sul punto la presenza in casa del presunto evasore, verificata durante un controllo di polizia giudiziaria e la perquisizione del luogo di formale residenza.
La Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha chiarito con la sentenza 36530/2015 (qui sotto allegata) importanti principi in tema di sequestro per equivalente, ossia il provvedimento destinato alla confisca di somme di denaro, beni o altre utilità nelle disponibilità del condannato per un valore corrispondente al prezzo, al prodotto o al profitto di reato.
Ricorre dinnanzi ai giudici di Piazza Cavour la moglie di un imprenditore contro l'ordinanza emessa dal tribunale della libertà di Trento confermativa del decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip presso il tribunale della stessa città, con il quale si disponeva il sequestro dei beni mobili ed immobili nella disponibilità della ricorrente e del marito per il reato di bancarotta e tributari.
La ricorrente lamenta che il sequestro abbia colpito le sue disponibilità mobili ed immobili, pur essendo ella persona estranea al reato, stante anche l'estraneità del marito ad ogni operazione di gestione o decisione su tali beni sequestrati.
I giudici di merito, a dire della donna, avrebbero errato nell'interpretare il presupposto occorrente per la sequestrabilità dei beni, cioè che essi siano effettivamente nella disponibilità del reo, dovendo tale disponibilità essere costituita da un rapporto tra il bene e il reo tale da giustificare l'esercizio in concreto dello ius abutendi sul bene atteggiandosene a dominus.
Nessuna considerazione in tal senso sarebbe stata svolta dal Tribunale, che si sarebbe limitato a valutare circostanze relative alle capacità economiche dell'imputata rispetto all'acquisto dei singoli beni.
In realtà, precisano gli Ermellini, le indagini svolte dal tribunale cautelare avevano appurato che la donna non avesse proprie, autonome ed esclusive disponibilità finanziarie per l'acquisto dei beni oggetto del sequestro, essendosi ella posta come schermo fittizio del presunto evasore per garantirlo dalla paventata aggressione patrimoniale stante i gravissimi reati commessi.
A conferma di ciò, oltre alle rilevazioni finanziarie e bancarie, si aggiungeva la convivenza di fatto della coppia nonostante la separazione legale: all'atto dell'arresto dell'uomo, la polizia accertava che costui dormiva nello stesso letto della ricorrente, aveva un fornito guardaroba nella casa mentre la sede della residenza formale costituiva solo un luogo di occasionale dimora.
Il principio ribadito dalla Corte, afferma che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può ricadere su beni anche solo nella disponibilità dell'indagato, dovendosi intendere la relazione effettuale con il bene, connotata dall'esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.
I beni formalmente intestati a terzi estranei al reato, devono ritenersi nella disponibilità dell'indagato quando essi, sulla base di elementi specifici e dunque non congetturali, rientrino nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi.
Questo è ciò che avviene nel caso di specie per quanto riguarda i beni immobili (due appartamenti e 3 garage), ma non i beni mobili della donna poiché con riferimento ad essi manca qualsiasi motivazione confermativa della disponibilità in capo all'indagato.
Avendo il collegio cautelare motivato esclusivamente in negativo, nel senso cioè che la donna non avesse avuto le disponibilità finanziarie per acquisirne il possesso, i giudici hanno, nella sostanza, impropriamente trasformato il sequestro per equivalente in sequestro cd. allargato che non è consentito vista la profonda differenza strutturale tra le due misure cautelari.
Mentre il sequestro funzionale alla confisca per equivalente implica l'accertamento di un reato idoneo ad innescare il vincolo sul bene da confiscare o sul suo valore equivalente, il sequestro prodromico alla confisca allargata non richiede alcuna relazione tra il reato per cui si è proceduto e il bene da confiscare, fondandosi esclusivamente sulla presunzione di illecita accumulazione patrimoniale.
L'accusa non ha dimostrato che il reo avesse su di esso la disponibilità nel senso sopra precisato.
L'ordinanza è quindi annullata limitatamente ai beni mobili con rinvio per nuovo esame sul punto.
Cass., III sez. Penale, sent. 36530/2015