Risposta: Il giudice, quando convalida lo sfratto, fissa una data, detta di esecuzione, per il rilascio dell'immobile interessato da parte dell'inquilino moroso.
Se ciò non avviene, il locatore provvede a notificare a quest'ultimo, a mezzo ufficiale giudiziario, l'atto di precetto redatto da un avvocato, intimandogli di rilasciare l'immobile entro 10 giorni dalla notifica, con avvertimento che in difetto si procederà ad esecuzione forzata con aggravio di spese a suo carico.
Trascorso inutilmente tale termine, l'avvocato può procedere alla notifica del cd. preavviso di sfratto, nel quale sono indicati data e ora in cui l'Ufficiale Giudiziario effettuerà il primo accesso nell'immobile interessato onde chiedere all'inquilino la restituzione dell'appartamento al locatore.
Generalmente al primo accesso l'Ufficiale Giudiziario interviene senza l'ausilio della forza pubblica e, se non trova nessuno o riceve da parte del soggetto interessato dallo sfratto il rifiuto ad abbandonare l'immobile, ad esempio perché non ha trovato un alloggio sostitutivo, non fa altro che fissare un nuovo accesso.
È solo in tale seconda circostanza che ci si avvale di strumenti di natura coercitiva, come l'ingresso forzato con l'ausilio di un fabbro o l'intervento della forza pubblica, onde ottenere l'immissione del proprietario nel possesso dell'immobile.
Di solito, quindi, il primo accesso dà esito negativo e nella prassi si trasforma quasi sempre in una semplice formalità: esso, nella sostanza, ha assunto la funzione di verificare la disponibilità al rilascio spontaneo dell'immobile e la sussistenza di eventuali particolari problematiche, con la conseguenza che per l'effettiva liberazione dell'appartamento occorrono generalmente almeno due accessi.