di Lucia Izzo - Assolto dalla Corte di Cassazione Stefano Salmè, esponente politico di destra, candidatosi per ‘Movimento Sociale - Fiamma Nazionale' alle Elezioni Europee 2009.
L'uomo era stato accusato di istigazione all'odio razziale a causa di un volantino di promozione elettorale stampato e diffuso in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo.
Esplicito lo slogan riportato sullo stampato "Basta Usurai - Basta stranieri", accompagnato da diverse immagini caricaturali sul retro, raffiguranti un'Italia assediata da soggetti di colore dediti allo spaccio di stupefacenti, un Abramo Lincoln attorniato da dollari, un cinese produttore di merce scadente, una donna e un bambino Rom sporchi e pronti a depredare, un soggetto musulmano con una cintura formata da candelotti di dinamite pronti per un attentato terroristico.
Per i giudici della III sezione penale, tuttavia, non si può parlare di razzismo, in quanto il volantino si limiterebbe a stigmatizzare alcune condotte delittuose compiute da cittadini stranieri, dunque non si tratterebbe di un volantino contro altre etnie ma contro i delinquenti di altre etnie.
Questo il dictum emergente dalla sentenza n. 36906/2015 (qui sotto allegata).
Un esito ben diverso rispetto a quanto prospettato dai giudici della Corte di Appello di Trieste, che avevano condannato il politico ad una multa di 3mila euro per l'aver propagandato idee fondate sulla superiorità di una razza rispetto alle altre e sull'odio razziale, facendo ricorso, in particolare, allo slogan summenzionato con sottinteso, ma evidente riferimento a persona di religione ebraica ed esplicito riferimento a persone di nazionalità non comunitaria.
In sostanza, per i giudici di seconde cure vengono tratteggiati in modo assolutamente univoco cittadini stranieri e vengono identificati per essere autori di specifiche e spesso gravi attività illecite, alle quali per etnia sarebbero per definizione dediti.
Il ricorrente, tuttavia, precisa che il volantino non ha l'obiettivo di stigmatizzare il consesso mondiale dei non italiani, ma unicamente gli stranieri che delinquono in Italia.
Peraltro, è fatto notorio che la politica della destra italiana abbia tra i suoi cardini la protezione dei cittadini dalle condotte delittuose dei cittadini stranieri.
Difatti, il candidato pone l'attenzione sulla natura elettorale del flyer, diffuso in un febbrile periodo di attività politica, che richiede un messaggio alla cittadinanza breve-significativo-riassuntivo.
Gli Ermellini ritengono che la discriminazione debba fondarsi sulla qualità dei soggetto (zingaro, nero, ebreo, ecc.) e non sui suoi comportamenti. Per tali motivi la discriminazione per l'altrui diversità è cosa diversa dalla discriminazione per l'altrui criminosità.
Affinché si identifichi la fattispecie incriminatrice prevista all'art. 3 co. 2 lett. a) della l. n. 654/1975, deve esservi l'effettiva sussistenza di un'idea discriminatoria fondata sulla diversità determinata da pretesa superiorità razziale o da odio etnico.
In definitiva, dunque, un soggetto può anche essere legittimamente discriminato per il suo comportamento, senza che si incorra in sanzione penale, ma non per la sua qualità di essere diverso.
Il caso in esame, proseguono i giudici del Palazzaccio "in maniera alquanto grossolana, vuole veicolare un messaggio di avversione politica verso una serie di comportamenti illeciti che, con una generalizzazione che appare una forzatura anche agli occhi del destinatario più sprovveduto, vengono attribuiti a soggetti appartenenti a determinate razze o etnie".
In particolare, la caricatura di Abramo Lincoln che, con i suoi dollari, rappresenta la finanza e le banche (presumibilmente in relazione alla scritta "basta usurai") lascia intendere che il senso dei messaggio non possa essere quello di propagandare la superiorità di una razza rispetto all'altra o l'odio razziale.
Infatti, anche nella mente del più razzista degli ideatori del volantino, non si comprende su cosa potrebbe fondarsi una pretesa superiorità di etnia o un odio razziale verso un simbolo dei popolo statunitense.
Reiteratamente la Cassazione ha poi affermato, nel corso degli anni, che il linguaggio della polemica politica può assumere toni più pungenti ed incisivi rispetto a quelli comunemente adoperati nei rapporti interpersonali tra privati.
Qui si è dunque di fronte ad un messaggio politico che risente di un pregiudizio per cui determinate attività delittuose vengono poste in essere prevalentemente dai membri di determinate etnie, pregiudizio che da sempre viene agitato nelle campagne elettorali al fine di recuperare consenso in situazioni locali in cui da parte dell'elettorato viene una richiesta di maggiore sicurezza.
Sta al giudice operare di volta in volta un necessario bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti in relazione al caso concreto, tra il diritto alla libera manifestazione del pensiero e quello alla pari dignità degli uomini.
Nel caso di specie è il primo a prevalere, ossia la libera manifestazione dei proprio pensiero politico nell'ambito di una competizione elettorale, in quanto il messaggio in sé, non facendo peraltro riferimento ad alcuna modalità violenta perché si concretizzi quel "basta stranieri" scritto sul volantino, non pare propagandare l'odio razziale, derivandone che viene a mancare uno degli elementi costitutivi della fattispecie del reato contestato.
Per la Corte di Cassazione cade l'accusa in quanto il fatto non sussiste.
Cass., III sez. Penale, sent. 36906/2015