di Marina Crisafi - La tassa italiana sugli abbonamenti per i cellulari è legittima e trova giustificazione nella stessa utilizzazione dei servizi di telefonia mobile. Lo ha affermato la Corte di giustizia europea che, con la sentenza pubblicata in data odierna, nella causa C-416/14 (qui sotto allegata), ha posto fine alla lunga controversia, originata dalla questione pregiudiziale sollevata dalla CTP di Mestre, dando "picche" alle aziende del Nordest italiano che chiedevano il rimborso della concessione governativa.
Nel legittimare il tributo, i giudici di Strasburgo hanno chiamato in causa le stesse direttive europee.
La prima (cfr. 1999/5 e seguenti in materia di radiocomunicazioni) che consente al legislatore nazionale dei paesi membri la libertà di equiparare i telefoni cellulari alle antenne per diffondere il segnale; di prevedere una licenza, autorizzazione o contratto di abbonamento per l'uso degli apparecchi stessi, nonché il pagamento della correlativa tassa governativa, senza intralciare la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telefonia mobile terrestre.
La seconda, la direttiva 2002/22, che, nell'assicurare la disponibilità in tutto il territorio dell'Unione di servizi di "buona qualità", accessibili agli utenti a un prezzo abbordabile, non vieta l'applicazione di provvedimenti o misure di natura fiscale.
Né può avere rilievo, ha concluso la Corte, l'asserita disparità che si viene a creare in tal senso tra gli abbonati e gli utenti delle carte prepagate, in quanto nel diritto europeo non esiste in merito un principio di parità di trattamento.
Corte Giustizia Europea, sentenza C-416/14