di Valeria Zeppilli - Se il difensore invia un fax con il quale richiede il rinvio dell'udienza per legittimo impedimento, il giudice è tenuto a pronunciarsi sull'istanza.
Ciò, però, purché la richiesta sia tempestiva e il fax sia inviato alla cancelleria del giudice e non a qualsiasi numero dell'ufficio giudiziario.
Infatti, l'omesso esame della richiesta non comporta la nullità della sentenza quando manchi la tempestività e non sussistano le ulteriori condizioni per l'accoglimento.
Così si è pronunciata la Corte di cassazione con la sentenza numero 37859/2015, depositata il 18 settembre (qui sotto allegata).
Dando atto che la materia è oggetto di contrasti giurisprudenziali, i giudici, con una lunga e articolata argomentazione, hanno tuttavia asserito, rifacendosi a propri precedenti emessi a sezioni unite, che la legittimità dell'utilizzo del fax in ipotesi come quella sottoposta alla loro attenzione è imposta sia dal fatto che l'ordinamento non prevede formalità particolari per un tal genere di comunicazioni sia dalla necessità di svincolarsi da risalenti schemi formalistici e adeguarsi all'evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche, nonché da quella di favorire la semplificazione e la celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo.
Oltretutto il fax è uno strumento che per sua natura è idoneo ad assicurare la ricezione dell'atto da parte del destinatario, mediante il cosiddetto "OK" o altro simbolo equivalente.
Del resto, come rilevato dagli stessi giudici, negare l'utilizzo del fax sarebbe incoerente con la circostanza che il medesimo impedimento che ostacola la presenza in udienza dell'avvocato potrebbe ben impedire a quest'ultimo anche di recarsi tempestivamente in cancelleria.
Nonostante ciò, comunque, nel caso di specie la comunicazione dell'avvocato, sebbene astrattamente legittima, non aveva rispettato il fondamentale requisito della tempestività, con la conseguenza che la nomina di un difensore di ufficio secondo le norme che regolano il processo penale non avrebbe potuto comunque essere evitata.
Corte di cassazione - testo sentenza n. 37859/2015