In generale, la determinazione degli onorari degli avvocati costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che non necessita di specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità. Tuttavia, tale discrezionalità è subordinata alla circostanza che tale determinazione sia contenuta tra il minimo e il massimo della tariffa e può essere comunque contestata dall'interessato attraverso la specificazione delle singole voci della tariffa che ritiene essere state violate.
Inoltre, se la parte vittoriosa produce una nota spese specifica, il giudice è tenuto ad indicare dettagliatamente le ragioni a sostegno delle modifiche apportate rispetto agli importi in essa indicati, al fine di consentire l'accertamento della conformità della liquidazione.
È proprio tenuto conto di tutti tali principi, e in conformità ad un orientamento ormai consolidato, che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 18238/2015 depositata il 17 settembre (qui sotto allegata), ha accolto il ricorso di un legale che si era visto liquidare le proprie spese e competenze in maniera ridotta rispetto a quanto dettagliatamente richiesto con le note spese prodotte nelle diverse fasi processuali e ha deciso la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., procedendo a una liquidazione allineata alle legittime pretese.