di Marina Crisafi - Il coltivatore occasionale di marijuana può fruire del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto previsto dall'art. 131-bis del d.l.gs. n. 28/2015, salvo che non vi siano precedenti per lo stesso reato. Ad affermarlo è la Cassazione, con la sentenza n. 38364/2015, depositata ieri, pronunciandosi sulla vicenda di un uomo condannato per aver coltivato tre piantine di cannabis nel cortile della propria abitazione, abbracciando la linea dura già espressa dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. n. 28605/2008).
Per la S.C., infatti, la coltivazione, anche se ad uso personale, di piante dalle quali può estrarsi una sostanza stupefacente, è reato, mentre la condotta risulta inoffensiva soltanto se la sostanza in questione non ha effetti (stupefacenti) in concreto rilevabili.
Per cui, non aderendo all'orientamento di legittimità (tra cui le recenti Cass. n. 33835/2014; Cass. n. 25674/2014) che ritiene inoffensiva la condotta di coltivare cannabis in vaso se contenenti un minimo principio attivo, per la terza sezione penale il reato c'è.
Tuttavia, la sanzione può essere evitata se il giudice ritiene che sussistano le condizioni per applicare l'art. 131-bis sulla particolare tenuità del fatto. E in primis, verificando che siano assenti elementi ostativi, quali la commissione di più reati della stessa indole (anche se tutti particolarmente tenui), o di reati che hanno ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Elementi ostativi presenti invece nel caso di specie e che portano ad escludere l'applicabilità del beneficio per il coltivatore delle tre piantine di marijuana destinate a curare la lombosciatalgia, il quale già in passato era stato "beccato" e condannato per fatti simili, e che quindi dovrà scontare i 4 mesi di reclusione oltre a pagare le spese processuali.
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