di Marina Crisafi - Il giocatore d'azzardo è un consumatore a tutti gli effetti e dunque ai fini della sua tutela si applica la disciplina del Codice del consumo. È quanto sinteticamente emerge da una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n.14288/2015 qui sotto allegata), chiamata a pronunciarsi sul foro di competenza relativo ad una controversia tra un concessionario e un giocatore vincitore di una notevole somma tramite videolotteria che non era stata pagata.
Il ricorrente chiamava in causa la società concessionaria del servizio di gioco per sentirla condannare al pagamento del montepremi vinto, proponendo domanda innanzi al giudice competente in base alla sua residenza, invocando, nella qualità di consumatore, l'applicazione della tutela dettata dal d.lgs. n. 206/2005.
Per contro, il tribunale adito, accogliendo la tesi della società convenuta che sosteneva mancasse nei contratti di gioco l'esigenza di tutela cui è informata la disciplina del codice del consumo, trattandosi di contratti aleatori, fondati sostanzialmente su scommesse e conclusi a distanza tramite distributore automatico, dichiarava la propria incompetenza territoriale a favore del luogo in cui era collocata la sede della stessa.
L'uomo quindi si rivolgeva alla Cassazione e gli Ermellini gli danno ragione.
È vero che in passato, hanno affermato, l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale ravvisava nel gioco d'azzardo "un atto immorale o contrario al buon costume" e un "contratto illecito", ma ciò trovava conforto nella del pari risalente "tripartizione classica" in giochi pienamente tutelati; giochi vietati (penalmente sanzionati) e giochi c.d. tollerati. E gli argomenti usati dal giudice di merito nel provvedimento impugnato nell'escludere il gioco dalle video lotterie dalla tutela del consumatore, ripercorrono tali tesi e l'orientamento che presuppone che la "ludopatia" è pratica "per sua natura, contraria alla categoria di educato consumo" nonché alla "tutela della salute".
Tuttavia, oggi, il fenomeno del gioco e delle scommesse, ha spiegato la S.C., ha raggiunto una diffusione e una rilevanza sociale tali che devono indurre a riconsiderarne la richiamata tradizionale considerazione. Non esiste, ormai "un disfavore nei confronti del gioco d'azzardo in quanto tale, ove esso non sfugga al controllo degli organismi statali e non si esponga alle infiltrazioni criminali" ha aggiunto la Cassazione e per di più giochi e scommesse sono "previsti, promossi e regolati dallo Stato, il quale da essi invero ritrae consistenti introiti".
Per cui, deve concludersi che "l'attività posta in essere dalla società concessionaria delle video lotterie va propriamente qualificata come prestazione di servizi ex articolo 49 TFUE" e che la stessa è oggetto della disciplina del codice del consumo, la quale è "funzionalmente volta a tutelare il consumatore a fronte della unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso, sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, nella sua fondamentale espressione rappresentata dalla libertà di determinazione del contenuto del contratto".
Pertanto, ricorso accolto con dichiarazione di competenza per territorio del tribunale di Fermo, quale foro del consumatore.
Cassazione, ordinanza n. 14288/2015