di Marina Crisafi - Va ridotto l'assegno di mantenimento al figlio quando in seguito alla sottoscrizione dell'accordo tra i due ex coniugi, al genitore onerato subentrano problemi di salute tali da diminuire le sue opportunità professionali e incidere perciò sulla capacità reddituale.
È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19106/2015 depositata il 25 settembre scorso (qui sotto allegata), rigettando il ricorso dell'ex moglie che chiedeva il mantenimento degli accordi precedentemente sottoscritti asserendo che i redditi del marito provenivano in larga parte dalla pensione e che il peggioramento dello stato di salute dunque non poteva incidere sugli stessi.
L'accordo prevedeva che l'uomo, di quasi ottantanni e di professione cardiologo, versasse alla figlia minorenne un assegno di duemila euro al mese, ma successivamente alla convenzione, l'onerato veniva colpito da un problema serio di salute (una fibrillazione atriale) che ne limitava, secondo l'espletata CTU, la capacità lavorativa del 70%, riducendo sensibilmente perciò le possibilità professionali che gli avrebbero consentito un ampliamento dei redditi, come immaginato al momento della firma dell'accordo.
Concordando con quanto disposto dalla Corte d'Appello che riduceva l'assegno a 850 euro, la sesta sezione civile ha ritenuto che il precedente accordo non potesse essere più valorizzabile, in quanto lo stesso era stato sottoscritto "nella prospettiva di una piena utilizzabilità delle sue risorse professionali", e quindi nell'ottica di una integrazione significativa dei soli redditi da pensione. Prospettiva, ha affermato la S.C., venuta in larga parte meno a seguito dell'insorgenza del serio problema di salute (reso ancor più rilevante data l'età del medico).
Per cui, è giusto il mantenimento a favore della figlia ma non certo con le cifre richieste dall'ex moglie, bensì col taglio netto deciso in appello.
Cassazione, ordinanza n. 19106/2015