di Marina Crisafi - Può dire addio al compenso l'avvocato che viola le regole della FIGC. Nell'ambito del contratto di prestazione professionale per assistenza sportiva, "il rapporto soggiace - infatti - al regolamento FIGC (anche per quanto concerne la necessità che l'incarico venga conferito, a pena di nullità, sui moduli predisposti dalla Federazione) non solo quando esso sia stipulato tra il professionista sportivo ed un agente iscritto nel relativo albo, ma quand'anche esso sia stipulato tra il professionista medesimo ed un avvocato iscritto all'albo professionale ordinario".
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18807/2015, depositata il 23 settembre scorso (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di un avvocato del libero foro che, avendo sottoscritto un contratto per rappresentare un calciatore professionista nelle trattative del calcio mercato, chiamava in giudizio l'atleta assistito per il pagamento di una penale di 100mila euro per aver violato il patto di esclusiva in costanza di rapporto.
Concordando con i giudici di merito, la S.C. ha sentenziato che "le violazioni delle norme dell'ordinamento sportivo, pur non determinando direttamente la nullità del contratto per contrarietà con norme imperative, comportano comunque l'invalidità del contratto anche in base all'ordinamento dello Stato, incidendo necessariamente sulla funzionalità del contratto medesimo; intesa quale sua idoneità giuridica a realizzare un interesse meritevole di tutela, insito nel raggiungimento della funzione e degli scopi ad esso attribuiti dall'ordinamento sportivo le cui prescrizioni risultino violate".
A nulla sono valse dunque le doglianze del legale che contestava in sostanza che il suo status di libero professionista forense e non di agente sportivo lo avrebbe esentato dall'osservare le norme poste in materia dalla FIGC.
Nel caso di specie, la penale e le altre clausole del contratto erano risultate manifestamente sproporzionate rispetto ai parametri imposti dalla federazione sportiva. Non solo, il contratto non era neanche mai stato depositato presso la stessa federazione, violando così anche tale onere posto a carico dei contraenti a pena di inefficacia. Per cui ricorso rigettato e avvocato condannato a pagare 9mila euro di spese di giudizio.
Cassazione, sentenza n. 18807/2015