di Valeria Zeppilli - In caso di furto, alle coppie di fatto va applicata la medesima ipotesi di non punibilità che l'ordinamento penale prevede all'articolo 649 c.p. se tale reato è commesso in danno del coniuge.
Con un'ovvia precisazione però: la non punibilità cessa di operare nel momento in cui cessa la convivenza.
Questo almeno è quanto stabilito dalla sentenza numero 39480/2015 della Corte di Cassazione, depositata il 30 settembre dalla quinta sezione penale (qui sotto allegata).
I giudici, infatti, si sono integralmente riportati alla precedente pronuncia numero 32190/2009, la quale aveva enunciato il principio di diritto per cui "non è punibile il furto commesso in danno del convivente 'more uxorio' ma è punibile, a querela dell'offeso, il furto in danno di persona già convivente 'more uxorio'".
Così, nel caso di specie la Corte ha annullato, limitatamente ai reati di furto e danneggiamento, la sentenza con la quale la Corte di Appello di Ancona aveva condannato il ricorrente, il quale, però, era anche (e rimane) responsabile dei reati di lesione e tentativo di danneggiamento, per i quali la predetta causa di non punibilità non opera.
Si precisa che, in via generale, il primo comma dell'articolo 649 c.p. considera non punibili per i reati contro il patrimonio chi li abbia compiuti in danno del coniuge non legalmente separato, di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, dell'adottante o dell'adottato o di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
Corte di cassazione testo sentenza numero 39480/2015