di Lucia Izzo - Può essere impugnata la cartella, anche se invalidamente notificata, della quale il contribuente abbia avuto conoscenza tramite l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario.
Lo stabiliscono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 19704/2015 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di una società che veniva a conoscenza di una cartella di pagamento emessa da Equitalia nei suoi confronti, solo dopo aver richiesto ed ottenuto l'estratto di ruolo dalla competente concessionaria della riscossione.
Gli Ermellini risolvono un contrasto giurisprudenziale in materia, con un'articolata decisione che scandaglia la casistica relativa al caso di specie, nonché la dogmatica sottesa agli istituti di diritto.
Necessario, secondo i giudici, chiarire la differenza terminologica e sostanziale tra i concetti di "ruolo" ed "estratto di ruolo".
Il primo, atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge, anche quanto alla sua impugnabilità e ai termini perentori per l'impugnazione, è un "provvedimento" proprio dell'ente impositore, quindi un atto potestativo contenente una pretesa economica dell'ente suddetto.
L'estratto di ruolo, invece, è e resta sempre solo un "documento", un elaborato informativo contenente gli elementi della cartella e dell'atto impositivo, il quale è formato dal concessionario della riscossione e non contiene (né per sua natura può contenere) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta.
Di massima, l'inidoneità dell'estratto di ruolo a contenere qualsivoglia pretesa impositiva, comporta indiscutibilmente la non impugnabilità dello stesso in quanto tale, anche perché il debitore non avrebbe interesse a richiedere l'annullamento del solo "documento", senza incidere su quanto in esso rappresentato.
Le Sezioni Unite, tuttavia, precisano che il caso in esame attiene la diversa questione della ammissibilità della cartella invalidamente notificata e conosciuta attraverso l'estratto di ruolo, precisando che le considerazioni svolte ben possono riferirsi anche alla impugnazione del ruolo.
Infatti il ricorrente, lungi dall'impugnare il documento estratto di ruolo, ha interesse ad impugnare il contenuto del documento steso ossia gli atti che l'estratto indica.
Tali atti (iscrizione in un ruolo per un preciso credito, relativa cartella di pagamento e notificazione della medesima) risultano univocamente impugnabili per espressa previsione di legge (artt. 19, lett d(, 21, primo comma, d.lgs. 546/1992.
Nessun problema si pone quando sono stati validamente notificati, perché il contribuente ha diritto ed onere di impugnazione dal momento della notifica, mentre i rilievi critici attengono l'impugnazione di una cartella non validamente notificata e conosciuta per mezzo dell'estratto di ruolo.
Gli Ermellini ritengono "ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che ciò sia di ostacolo al disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi previsa impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia stato imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione".
Sentenza cassata con rinvio alla CTR competente per un nuovo esame che tenga conto del principio di dritto sovraesposto.
Cass., S.U., sent. n. 19704/2015