Avv. Francesco Pandolfi - Tutte le volte che ci siamo occupati di questa materia abbiamo verificato le prescrizioni normative di settore, in particolare abbiamo sempre ritrovato la presenza di un granitico principio: la discrezionalità che spetta all'Amministrazione nel concedere il porto d'armi è direttamente correlata al fatto che tale porto d'armi non costituisce un diritto, ma un'eccezione motivata rispetto ad un generale divieto.
Sarà pure così, ma di fronte ad un eventuale decreto prefettizio di rigetto dell'istanza di rinnovo del porto di pistola per difesa personale (sul presupposto che non ci sono elementi idonei a giustificarne il bisogno reale), l'amministrazione deve verificare se la situazione oggettiva sia immutata rispetto al passato e se ci si trovi in assenza di elementi che facciano venir meno i requisiti di correttezza comportamentale del richiedente.
Quindi, se si accerta che chi chiede il rinnovo lo ha avuto in realtà per anni e mai ne ha abusato, l'esercizio della penetrante discrezionalità amministrativa richiederà un onere motivazionale rinforzato, in altri termini: la motivazione del provvedimento dovrà essere convincente e realmente idonea a giustificare il diniego dell'autorità.
Ecco perché i giudici si pronunceranno favorevolmente annullando il decreto del prefetto nel caso di carenza della motivazione.
Che cosa deve dire l'autorità?
Non basta dire che non ci sono elementi giustificativi del bisogno del porto di pistola per difesa personale: è necessario che l'autorità metta bene in luce i nuovi eventuali elementi sopravvenuti nella situazione di fatto circostante, cioè spieghi chiaramente il perché del mutamento nei criteri per il rinnovo di permessi rilasciati in passato.
Un caso questo nel quale il Consiglio di Stato (sentenza n. 3282 del 2 luglio 2015) ha dato torto al Ministero dell'Interno che aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado già favorevole al ricorrente.
Cosa fare quindi in caso di decreto del Prefetto che rigetti l'istanza di rinnovo del porto di pistola per difesa personale?
E' semplice: una volta appurato che la motivazione del rigetto è carente perché non da conto di elementi nuovi e sopravvenuti rispetto al passato (tanto da spostare l'ago della bilancia verso la non correttezza comportamentale del richiedente), agire in giudizio chiedendo l'annullamento del decreto per carenza di motivazione.
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