di Marina Crisafi - Che si tratti di rinuncia, revoca o risoluzione consensuale, la cessazione del mandato non fa venir meno in capo all'avvocato il dovere di diligenza professionale.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19867/2015, depositata il 5 ottobre (qui sotto allegata), pronunciandosi su una vicenda relativa alla rimozione di un manufatto metallico installato su un balcone, a distanza inferiore a quella legale.
Accolta in primo grado la domanda di rimozione, la corte d'appello dichiarava inammissibile il gravame proposto dalla controparte, per tardività rispetto alla notifica della sentenza del tribunale, indirizzata alla parte presso il procuratore domiciliatario, ritenendo indifferente, ai fini del decorso del termine breve per l'impugnazione, la rinuncia al mandato intervenuta nelle more e la circostanza che la parte ricorrente si fosse munita di altro difensore, residente fuori distretto.
La Cassazione è d'accordo e dichiara inammissibile il ricorso per la mancata formulazione del quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c., elemento richiesto a pena di inammissibilità, per delimitare i profili giuridici della domanda, fondata sulla esistenza di errores in procedendo.
Pur considerando superfluo occuparsi della questione data la declaratoria di inammissibilità, la seconda sezione civile ha tenuto a sottolineare il costante orientamento (cfr. Cass. n. 21589/2009) secondo il quale "non solo la rinuncia al mandato, ma anche la sostituzione del difensore presso cui la parte aveva eletto domicilio non fa venir meno a carico di quest'ultimo gli obblighi connessi alla ricezione degli atti per i quali sia avvenuta la domiciliazione, ivi compreso l'obbligo di informare il nuovo difensore dell'avvenuta notifica di sentenze emesse nei confronti della parte successivamente alla cessazione dell'incarico".
Il dovere di diligenza professionale cui l'avvocato è tenuto nei confronti del cliente, hanno affermato, infatti, gli Ermellini richiamando le Sezioni Unite (cfr. Cass. n. 15295/2014), permane "anche in caso di rinuncia o revoca del mandato o risoluzione consensuale del rapporto, e dalla relativa responsabilità il domiciliatario non può essere esonerato se non in virtù della prova, posta a suo carico, di avere dato notizia della notifica al nuovo difensore".
Cassazione, sentenza n. 19867/2015