di Marina Crisafi - Bocciato lo scambio di dati degli utenti Facebook con gli Usa. Questo il succo della decisione della Corte di Giustizia Europea (C-362/14 qui sotto allegata) che ieri ha dato ragione alla personale crociata avviata da un giovane cittadino austriaco contro il colosso dei social network.
La querelle al centro di una lunga battaglia giudiziaria risalente al 2011, riguarda il trasferimento da parte di Facebook dei dati digitali dai server irlandesi (base europea del social) a quelli americani mettendo così a repentaglio la privacy degli stessi che risulterebbero soggetti al controllo da parte, tra l'altro, della Nsa statunitense (la National Security Agency), come dimostrato, peraltro, durante lo scandalo Snowden di un paio di anni fa.
La tesi del giovane Schrems ha convinto i giudici del Lussemburgo i quali hanno sentenziato che i cittadini europei potranno chiedere di vietare a Facebook (o a qualsiasi altro colosso del web) di conservare negli Usa i loro dati e che, conseguentemente, il governo Ue non potrà privare gli utenti del controllo sulla loro esistenza digitale, su cui l'autorità giudiziaria deve sempre poter sorvegliare.
Il principio, come evidente, è semplice, ma gli effetti della decisione della Grand Chambre, destinata a fare scuola, porteranno lontano, fissando un precedente che, inevitabilmente, finirà per riguardare anche gli altri giganti americani con basi in Europa (come Google, ad esempio).
E già da subito, il primo effetto sortito è quello di aver ribaltato una decisione del 2000 della Commissione Europea che aveva dato il placet al trasferimento di informazioni riguardanti i cittadini europei, ritenendo che gli Stati Uniti garantissero un livello di protezione adeguato. Ma secondo la corte lussemburghese, la commissione all'epoca si limitò a fare riferimento al trattato commerciale siglato tra Europa e Usa alla fine degli anni '90 basato sul regime dell'"approdo sicuro" per la sicurezza dei dati. Tuttavia, negli Usa le esigenze della sicurezza nazionale prevalgono su tale regime che, quindi, se ci sono in ballo questioni di tal tipo, viene letteralmente scavalcato con il conseguente rischio di ingerenze da parte delle autorità pubbliche americane nei diritti fondamentali delle persone e la perpetrata violazione della legislazione comunitaria, secondo la quale il trasferimento dei dati personali verso un paese terzo è possibile soltanto laddove si garantisca un livello di protezione adeguato.
Per cui ha concluso la Cgue, "una normativa che consenta alle autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata".
Intanto, nell'attesa del riverbero degli effetti della sentenza europea, da Facebook si sollecitano Europa e Stati Uniti affinché trovino rapidamente una soluzione.
Corte Giustizia Europea, sentenza C-362/14