di Valeria Zeppilli - Nel giudizio di opposizione dinanzi al giudice civile avverso un provvedimento dell'Autorità garante della privacy, quest'ultima sta in giudizio come se fosse una parte privata.
Questo è quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 20106/2015, depositata il 7 ottobre (qui sotto allegata).
Nel caso di specie, il dipendente di una banca aveva fatto da spia e aveva riferito all'ex coniuge di un cliente l'importo del conto di quest'ultimo.
La stampa dei dati, poi, era stata prodotta nel giudizio di separazione.
Il cliente, quindi, aveva chiesto giustizia dinanzi all'Autorità garante della privacy, la quale aveva decretato l'illiceità del trattamento.
Proposta opposizione da parte della banca, il Tribunale ribaltava la situazione.
Così, su ricorso dell'Autorità garante, la questione è giunta ai giudici di legittimità, che con una lunga e articolata argomentazione hanno capovolto di nuovo la decisione, confermando l'illiceità del trattamento.
Ma l'aspetto che rende particolarmente interessante la pronuncia in esame va individuato nel fatto che in essa i giudici hanno specificato che, una volta accolto il reclamo dell'interessato del trattamento, nel giudizio di opposizione dinanzi al giudice civile avverso un provvedimento dell'Autorità garante della privacy, quest'ultima sta in giudizio come una parte privata.
Con la conseguenza che, qualora la titolarità del trattamento derivi da un rapporto contrattuale, l'unica circostanza da provare sarà l'assenza di specifica autorizzazione a fondamento dell'accesso ai dati personali.
Viceversa, sarà onere del titolare del trattamento (nel caso di specie della banca) provare che l'accesso ai dati e il loro trattamento siano coerenti con le finalità alla base del consenso dell'interessato.
Cassazione testo sentenza numero 20106/2015