di Valeria Zeppilli - Con la sentenza numero 20068/2015 depositata il 7 ottobre (qui sotto allegata), la Corte di Cassazione si è confrontata con la spinosa e tormentata questione dei licenziamenti, questa volta statuendo circa la decorrenza dei termini per l'impugnazione giudiziale, da parte dei lavoratori, del recesso datoriale reputato illegittimo.
In sostanza, con essa i giudici hanno chiarito che il termine di decadenza per procedere in via giudiziale avverso un licenziamento decorre dal momento in cui è trasmesso al datore di lavoro l'atto scritto di impugnazione e non dal momento in cui quest'ultimo lo riceve e l'impugnazione si perfeziona.
Oggi, infatti, l'impugnazione del licenziamento si estrinseca in una fattispecie a formazione progressiva, assoggettata a due termini decadenziali distinti e successivi, interamente rimessi al controllo dell'impugnante.
Per la Corte, il fatto che il lavoratore debba attivarsi con il ricorso giudiziale indipendentemente da quale sia il momento perfezionativo della prima impugnazione è coerente sia con il testo di legge che con la finalità acceleratoria in funzione della quale tale doppio termine è stato dapprima introdotto e recentemente modificato.
Tale circostanza non può, quindi, reputarsi in alcun modo lesiva del diritto di difesa del lavoratore: essa, piuttosto, lo avvantaggia permettendogli di individuare con precisione il termine iniziale di decorrenza per l'instaurazione del giudizio.
Niente da fare quindi per il ricorrente, che si trova ora costretto a restituire al datore di lavoro quanto ricevuto in esecuzione del provvedimento conclusivo della fase sommaria.
Corte di cassazione testo sentenza numero 20068/2015