di Marina Crisafi - Commette reato il padre che non paga il mantenimento ai figli minori ritenendo di ottemperare agli obblighi di assistenza familiare pagando il mutuo per la casa coniugale, come da accordi presi con l'ex moglie. Dal momento della separazione, l'obbligo imposto dal giudice con provvedimento presidenziale rende irrilevante qualsiasi pattuizione precedente.
Lo ha stabilito la sesta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40405/2015 depositata ieri (qui sotto allegata), respingendo il ricorso di un papà avverso la decisione della Corte d'Appello di Palermo che aveva confermato la condanna per il reato ex art. 570 comma 2, n. 2, c.p.
Il giudice di merito, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riteneva l'uomo responsabile (oltre che dei delitti di minacce ingiurie e molestie nei confronti dell'ex coniuge), del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare per aver fatto mancare al figlio minore i mezzi di sussistenza a far data dall'abbandono della casa familiare, limitatamente però al periodo successivo al provvedimento presidenziale di imposizione dell'obbligo di mantenimento.
In particolare, la Corte d'appello, a differenza del giudice di primo grado, riteneva che la condotta dell'uomo fosse scriminata per mancanza di dolo nel periodo successivo all'abbandono volontario della dimora coniugale, poiché lo stesso si era assunto l'impegno di pagare il mutuo contratto per l'acquisto della casa, come d'accordo con la moglie (accordo che aveva indotto l'ex coniuge a ritenere di ottemperare in questo modo agli obblighi di mantenimento del figlio minore), confermando, invece, l'integrazione del delitto, per il periodo successivo all'intervenuto provvedimento presidenziale, in ragione del volontario rifiuto di versare le somme imposte con detto provvedimento, che rendeva inefficace ogni accordo precedente per il mantenimento del figlio, essendo venuta meno l'intrapresa definizione extragiudiziaria.
Per la Cassazione, la sentenza d'appello sul punto è corretta.
Visto che prima della separazione giudiziale
, ha spiegato infatti la Corte, i rapporti patrimoniali erano stati regolati da un accordo raggiunto tra i due coniugi, tale situazione fa venir meno l'elemento oggettivo del reato de quo giacchè esclude "che il padre si sia ‘rappresentato' e abbia ‘voluto' far mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore, poiché l'impegno di provvedere al pagamento del mutuo contratto per l'acquisto della casa, avrebbe indotto l'uomo a ritenere di ottemperare in tal modo agli obblighi di mantenimento del figlio minore".Ma, una volta intrapresa la definizione giudiziaria, ha proseguito la S.C. "l'obbligo di mantenimento imposto con il provvedimento presidenziale, non avrebbe che potuto far perdere efficacia a ogni precedente accordo stragiudiziale e rendere la condotta sia sotto il profilo oggettivo, peraltro in re ipsa nei confronti dei figli minori, che soggettivo, tale da integrare il reato di violazone degli obblighi di assistenza di cui all'art. 570 comma 2 n. 2 c.p.".
Detto ciò, la Cassazione ha rigettato il ricorso sul punto, annullando comunque la sentenza con rinvio, relativamente "al dubbio non risolto della tempestività della presentazione della querela volta a rimuovere ogni condizione di procedibilità per i delitti nei quali è stata ‘scomposta' l'originaria imputazione dei maltrattamenti".
Cassazione, sentenza n. 40405/2015