di Marina Crisafi - Se la vecchia zia muore e il nipote rinuncia all'eredità, la badante rimane a bocca asciutta. Nulla può pretendere, infatti, la cittadina straniera che ha prestato servizio "in qualità di assistente geriatrica e collaboratrice domestica" all'anziana donna defunta dal nipote della stessa.
Lo ha stabilito la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 20190/2015 depositata ieri (e qui sotto allegata), rigettando il ricorso di una badante che puntava ad ottenere dal nipote della signora assistita in vita, il ristoro economico asseritamente dovuto.
Si rivela inutile, difatti, il lungo elenco delle pretese avanzate dalla donna (tra cui il pagamento delle differenze retributive maturate in relazione all'asserita spettanza del 1° livello della classificazione del personale del CCNL per i lavoratori domestici, le ferie, la tredicesima, l'indennità di preavviso, il TFR e i contributi assicurativi e previdenziali), poiché la Cassazione ha avallato la decisione d'appello impugnata.
Oltre ad essere evidente, affermano da piazza Cavour, il "difetto di legittimazione passiva" dell'uomo che ha rinunciato alla sua qualità di erede, non è stato altresì assolto (da parte della badante) l'onere della prova circa la "diretta titolarità del rapporto di lavoro in capo al medesimo".
Impensabile, dunque, qualsiasi ristoro economico per la donna che dovrà anche pagare le spese di lite.
Cassazione, sentenza n. 20190/2015