di Valeria Zeppilli - Se il contraente forte predispone delle clausole di proroga tacita o di rinnovazione del contratto nell'ambito di un negozio per adesione, esse sono da ritenersi sempre prive di efficacia se non approvate per iscritto dal contraente aderente.
Non importa se abbiano carattere di reciprocità o bilateralità.
Sancendo tale principio la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 20401 depositata il 12 ottobre 2015 (qui sotto allegata), è tornata ad occuparsi di clausole vessatorie, aggiungendo un ulteriore tassello interpretativo alla relativa disciplina.
Così, il ricorrente fornitore di gas g.p.l. nulla ha potuto fare per salvare le predette clausole dalla nullità.
Infatti, dove le clausole, come nel caso di specie, siano valutate vessatorie ex lege dall'articolo 1341 del codice civile, tale valutazione non può essere superata solo per il fatto che la condizione, oltre che a carico del contraente debole, sia posta anche a carico del contraente forte.
Il legislatore, del resto, nel chiarire quali clausole debbano necessariamente essere approvate espressamente per iscritto dal contraente debole ha implicitamente ritenuto che la vessatorietà della clausola non possa in tali casi essere elisa dalla bilateralità.
A nulla vale che la giurisprudenza di legittimità abbia in passato escluso in un'ipotesi la vessatorietà di una clausola in ragione della sua bilateralità: le fattispecie contemplate dall'articolo 1341 c.c. sono infatti di duplice natura e con riferimento ad esse la reciprocità degli effetti si atteggia in modo differente.
Sono infatti da tenere distinte le ipotesi nelle quali gli effetti delle clausole si risolvono nell'attribuzione di una posizione vantaggiosa al contraente che le predispone (per le quali la bilateralità assume rilievo) da quelle che, invece, promanano effetti a carico dell'altro contraente (per le quali la bilateralità non è idonea ad escludere la vessatorietà).
Con la conseguenza che il recesso non può essere paragonato al tacito rinnovo.
Il ricorso va quindi rigettato.
Corte di cassazione testo sentenza numero 20401/2015