di Marina Crisafi - Dopo undici anni di fidanzamento avevano deciso di convolare a nozze. Avevano quindi fatto le pubblicazioni, lei aveva comprato l'abito bianco e si era accollata i costi per comprare i mobili e per effettuare i lavori di ristrutturazione nella di lui abitazione, scelta quale futura casa coniugale. Poi, a una settimana dal matrimonio, l'amara sorpresa: lui la lascia con la scusa che lei aveva un'altra relazione. Ma la donna non si rassegna alla parte della fidanzata abbandonata e lo trascina in tribunale chiedendo il risarcimento di tutte le spese sostenute in vista del matrimonio. E i giudici di merito le danno ragione, ritenendo il comportamento dell'uomo ingiustificato e condannandolo a risarcire alla donna oltre 16mila euro.
Ovviamente, l'uomo non ci pensa per niente e cerca di far valere le proprie ragioni in Cassazione, cadendo però dalla padella alla brace.
Per gli Ermellini, infatti (cfr. sentenza n. 20889/2015 depositata il 15 ottobre scorso e qui sotto allegata), non regge la tesi del rifiuto giustificato dalla scoperta della frequentazione dell'ex fidanzata con un collega di lavoro come dichiarato da alcuni testi che l'avevano vista in atteggiamenti compromettenti. Né tantomeno, il fatto che le spese richieste erano avvenute prima della promessa di matrimonio.
Ha ragione, invece, la Corte d'appello, a ritenere, una volta esaminate compiutamente tutte le testimonianze, che l'onere, a carico del convenuto di dimostrare l'esistenza di un giustificato motivo per il non ottemperamento della promessa di matrimonio, non fosse stato adempiuto. Il rifiuto dell'uomo, dunque, è ingiustificato, per cui deve rimborsare tutti gli esborsi sostenuti dall'ex partner in funzione del sì.
Quanto alla determinazione delle spese e delle obbligazioni risarcibili, altrettanto correttamente, per piazza Cavour, la corte d'appello ha applicato al caso di specie l'art. 81 c.c. motivando il collegamento tra le spese sopportate con il matrimonio: si tratta di spese "giustificate e finalizzate", in quanto gli esborsi si "collocano tutti in epoca prossima al matrimonio" ed è evidente quindi il "loro nesso eziologico con il matrimonio stesso".
Per cui il promesso sposo pentito si dovrà rassegnare a risarcire, oltre al denaro per l'acquisto dell'abito da sposa, anche quello per gli arredi e i lavori di ristrutturazione effettuati nella casa scelta quale dimora coniugale, nonché, quale "ciliegina sulla torta", 5.500 euro per le spese del giudizio di legittimità.
Vedi anche nelle guide legali: La promessa di matrimonio. Cosa accade se alla promessa non seguono le nozze
Cassazione, sentenza n. 20889/2015