di Marina Crisafi - Il termine di 18 mesi per trasferire la residenza, al fine di avere diritto alle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa, scatta a far data della domanda originaria. Non conta, dunque, né il ritardo per il completamento dell'iter di trasferimento né un'eventuale ulteriore istanza che il cittadino abbia presentato al solo scopo di sollecitare l'amministrazione. Ad affermarlo è la Cassazione, con la recente sentenza n. 19684/2015 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di un contribuente e cassando l'impugnata sentenza della Ctr di Firenze che aveva negato le agevolazioni.
Nel caso di specie, il cittadino aveva presentato una "regolare" prima richiesta di trasferimento di residenza entro i 18 mesi dall'atto di acquisto dell'immobile, ma non essendosi perfezionato l'iter necessario, una volta spirati i termini, aveva inviato una nuova richiesta, che stavolta giungeva a compimento.
Ciò è bastato all'amministrazione finanziaria per revocare le agevolazioni fruite ed emettere atto impositivo relativo alle sanzioni afferenti alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, per omesso tempestivo trasferimento della residenza presso il comune dove era sito l'immobile acquistato.
In primo e in secondo grado i giudici di merito danno ragione al fisco, ma l'uomo non si ferma e interpella la Cassazione.
E a ben vedere, perché gli Ermellini ribaltano il verdetto.
Per il collegio, infatti, la decorrenza del termine per il trasferimento della residenza va individuata nella data "della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza". Ciò che conta, dunque, non è "già il momento conclusivo del procedimento di trasferimento della residenza, ma il momento nel quale il contribuente manifesta (con la sua richiesta) l'intenzione, poi concretamente realizzata, di ottenere la nuova residenza anagrafica (siccome condizione per il godimento del beneficio fiscale) senza che possa fare ostacolo a detta coincidenza il tempo che trascorre tra l'inizio e la fine del procedimento, indipendentemente dalle cause e responsabilità del ritardo".
Quanto alla circostanza che il contribuente abbia formulato non una ma due volte l'istanza per ottenere il risultato richiesto, per piazza Cavour non può certo interpretarsi come una rinuncia alla prima, posto che tra l'altro nella stessa non risulta espressa una manifestazione di revoca, "ben potendo la seconda istanza avere avuto (nella mens del cittadino, spesso disposto a condotte pragmatiche, rivolte alla soluzione di imperscrutabili difficoltà burocratiche) mera finalità sollecitatoria della precedente".
Per cui "nulla osta a far risalire alla primitiva istanza gli effetti retroattivi della positiva conclusione del procedimento", ha concluso la Corte, cassando la sentenza impugnata e decidendo anche nel merito, senza necessità di rinvio.
Cassazione, sentenza n. 19684/2015