di Marina Crisafi - Il collaboratore fisso di un giornale che garantisca la continuità delle prestazioni su uno specifico settore o argomento d'informazione e il costante impegno nel mettere a disposizione le proprie energie lavorative per fornire ai lettori della testata un flusso di notizie in quella specifica e predeterminata area (attraverso la redazione sistematica di articoli, tenuta di rubriche, ecc.), va considerato un dipendente a tutti gli effetti. Per cui, per il fatto stesso che si sia instaurato un rapporto di lavoro subordinato, anche come collaboratore fisso, con un soggetto che sia giornalista (professionista, praticante, ecc.) insorge l'obbligo di iscrizione all'Inpgi con conseguente onere di versare i relativi contributi previdenziali.
A chiarirlo è la Cassazione, con la sentenza n. 21264/2015, depositata il 20 ottobre scorso (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso dell'Inpgi avverso la decisione del giudice di merito che aveva revocato il decreto ingiuntivo attraverso il quale l'istituto di previdenza chiedeva il pagamento nelle sue casse di oltre 80mila euro a titolo di contributi non versati da un collaboratore per gli anni 1991-1997.
A detta degli Ermellini, la corte territoriale ha errato nel ritenere pacificamente dovuto all'Inps, anziché all'Inpgi, il diritto alla contribuzione, sull'assunto che il lavoratore in questione fosse inquadrato come collaboratore fisso, senza verificare il reale svolgimento di attività giornalistica.
Tuttavia, hanno specificato da piazza Cavour, il diritto dell'ente alle prestazioni contributive matura solo per i contributi dovuti per periodi lavorativi successivi alla data della delibera del Consiglio dell'ordine di iscrizione nell'albo dei praticanti giornalisti.
E dunque, nel caso di specie, dal 1991, posto che il collaboratore aveva ottenuto dal Consiglio territoriale la relativa iscrizione con effetto retroattivo da quella data.
Ciò perché - ha spiegato la sezione lavoro - "la retrodatazione dell'iscrizione nell'albo dei praticanti giornalisti, non sanando la nullità del contratto di lavoro, non elimina, per il periodo per cui è disposta, la mancanza del requisito dell'iscrizione e nel periodo corrispondente alla retrodatazione, il presupposto per l'iscrizione all'Inpgi non sussiste".
Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza cassata.
Spetterà ora al giudice del rinvio accertare lo svolgimento dell'attività giornalistica, "in quanto la stessa è compatibile con la qualifica di collaboratore fisso, in presenza dell'iscrizione all'albo dei giornalisti e dei praticanti giornalisti, nonché la data della delibera di iscrizione retroattiva all'albo, atteso che il riconoscimento all'Inpgi dei contributi previdenziali è dovuto solo per i periodi successivi ad essa".
Cassazione, sentenza n. 21264/2015