di Marina Crisafi - Ha approfittato della notte per "decorare" i muri di un paio di chiese della sua città, ricoprendoli di scritte affatto spirituali contro l'ex papa Ratzinger, ma il buio non l'ha salvato dalla condanna per vilipendio e deturpamento alla religione cattolica.
È quanto è capitato a un uomo di Lecce, la cui vicenda è finita fino in Cassazione.
Secondo i suoi legali, infatti, ferma restando la ricostruzione dei fatti, non può ravvisarsi il concorso formale tra le due fattispecie contestate, ma tutt'al più un concorso apparente risolvibile a favore dell'art. 404 c.p., quale previsione speciale, con conseguente alleggerimento della pena.
Per gli Ermellini il ricorso è fondato.
Con la sentenza n. 41821/2015, depositata il 19 ottobre scorso (qui sotto allegata), la terza sezione penale ha ricordato infatti che l'art. 404 c.p., nella versione novellata dalla l. n. 85/2006 contiene due elementi di novità rispetto alla precedente disciplina.
Da un lato, infatti, la tutela penale dei culti non è più limitata alla religione cattolica ma è stata estesa a tutte le confessioni riconosciute dallo Stato italiano; dall'altro la norma "oggi comprende ogni forma di offesa alla confessione che si estrinsechi sulle ‘cose di culto' ed a danno di queste, tanto che si manifesti attraverso il vilipendio (l'ingiuria verbale o gestuale), quanto a mezzo del danneggiamento delle cose medesime".
Condotta, quest'ultima, la cui ratio sanzionatrice, va individuata "nell'essere la stessa strumento di offesa alle confessioni religiose, che ben può esser realizzata anche attraverso la distruzione, il deterioramento o - come nel caso di specie - l'imbrattamento di un edificio di culto.
Per cui, ha concluso la Cassazione, l'unico reato ascrivibile all'uomo è quello di cui al capo b) della rubrica, "quale norma speciale rispetto alla violazione di cui all'art. 639, comma 2, c.p., nella prima compresa". E conseguentemente sentenza annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con pena rideterminata in 6 mesi di reclusione.
Cassazione, sentenza n. 41821/2015