Come noto, la norma vigente prevede che, in caso di assenza del destinatario ovvero di rifiuto delle persone idonee alla ricezione dell'atto, l'Ufficiale Giudiziario debba depositare l'atto presso la Casa Comunale e darne avviso al destinatario tramite lettera raccomandata (cd. lettera CAD, "comunicazione di avvenuto deposito").
Successivamente è intervenuta la succitata sentenza
3/2010, con la quale la Consulta ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo in commento nella parte in cui non prevede che la notificazione, nei confronti del destinatario assente, si perfeziona decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata CAD, ovvero con la ricezione della medesima (se anteriore ai dieci giorni dalla spedizione).In questo contesto normativo, il Tribunale di Como, con l'ordinanza in parola, ha rilevato la grave discrasia esistente tra l'art. 140 c.p.c. e la legge 890/1982, la quale disciplina la notificazione degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale. Quest'ultima legge, infatti, prevede che nei confronti del destinatario assente la notifica si abbia per compiuta, decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata CAD oppure al momento dell'effettivo ritiro del piego depositato presso l'ufficio postale (se anteriore), non acquisendo alcuna rilevanza giuridica la data di ricezione dell'avviso di deposito.
In tal modo, dunque, il termine di dieci giorni corre integralmente a favore del destinatario di una notifica a mezzo del servizio postale, al quale è dato un congruo termine per effettuare il ritiro dell'atto, tenendo bene in considerazione che la raccomandata CAD viene generalmente consegnata dopo pochi giorni dal primo tentativo di consegna al destinatario assente.
Diversamente, se il tentativo di notifica era stato effettuato dall'Ufficiale Giudiziario, l'attuale formulazione dell'art. 140 c.p.c. rende perfetta la notifica con la semplice ricezione dell'avviso di deposito, interrompendo immediatamente il termine di dieci giorni che stava eventualmente già correndo a favore del destinatario.
Il dubbio di legittimità sollevato dal Tribunale di Como appare, prime facie, seriamente fondato, dal momento che l'attuale contesto normativo fa sì che la notifica di un atto giudiziario si perfezioni, nei confronti dell'assente, in tempi diversi in relazione ad una circostanza del tutto estemporanea, e cioè a seconda che alla notifica abbia provveduto direttamente l'Ufficiale Giudiziario, ovvero vi abbia provveduto il servizio postale, con una disciplina paradossalmente deteriore per chi riceva una notifica ex art. 140 c.p.c. rispetto a chi la riceva ex art. 8 L. 890/1982.
Non può dimenticarsi, comunque, che tale disciplina dell'art. 140 c.p.c. è la risultante del precedente e già menzionato intervento del 2010 da parte della Consulta; ai nostri occhi, dunque, sembrano soltanto due le prospettive aperte su questa nuova questione sollevata: la Corte potrebbe esercitare un doveroso quanto grottesco ius poenitendi, recitando il mea culpa e così modificando una disciplina che essa stessa aveva (forse sbadatamente) delineato, oppure, rifiutando di contraddirsi, potrebbe rigettare la questione ritenendo che ad essere illegittimo, semmai, è l'art. 8 della legge 890/1982 anziché il "suo" art. 140 c.p.c., dando così luogo ad una nuova puntata di questa epopea senza fine, che getta una grave ombra d'incertezza su una norma d'importanza maiuscola.
E non possiamo omettere quest'ultima riflessione: a 75 anni dall'entrata in vigore del codice di procedura civile, e a 67 anni dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, siamo ancora qui, ancora una volta impantanati nella più assoluta incertezza giuridica su una norma che viene ad essere applicata quotidianamente da avvocati, giudici ed ufficiali giudiziari, e la cui ambiguità, forse, fa comodo a molti.
Qui il testo dell'ordinanza di remissione del Tribunale di Como