di Lucia Izzo - L'ex moglie del notaio destituito ha diritto all'assegno di mantenimento oltre che alla pensione di reversibilità (erogata in ragione della destituzione dalla Cassa previdenziale) fino a quando conserva la posizione di coniuge divorziata e quella di titolare dell'assegno ex art. 5 legge n. 898/1970, perdendolo in caso di caduta di uno solo dei due presupposti.
Tale assegno non può considerarsi sostitutivo di quello che la legge pone a carico del coniuge titolare di maggiori risorse economico-patrimoniali, ai sensi dell'art. 5 della legge sul divorzio, verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base delle aspettative maturate nel corso del rapporto.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l'ordinanza n. 21669/2015 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso presentato dall'ex moglie di un notaio destituito e respingendo, invece, quello del marito destinato ad escludere l'assegno di mantenimento nei confronti dei figli.
Per i giudici i due corrispettivi spettanti alla donna operano separatamente, tuttavia la ricorrente potrà mantenere la reversibilità della pensione dell'ex solo se cumulerà entrambe le qualità che hanno giustificato il beneficio, ossia "fino a che conserverà la posizione di coniuge divorziato e quella di titolare di assegno ex art. 5 l. 898/70" perdendolo in caso ne venga a mancare anche uno solo (ad esempio per aver costei contratto un nuovo matrimonio o costituito una nuova famiglia di fatto, oppure avendo reperito aliunde risorse idonee al suo mantenimento).
Tuttavia, precisano gli Ermellini, la determinazione dell'assegno divorzile andrà effettuata verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, ossia, nel caso di specie, computando nei redditi della donna anche l'assegno di reversibilità a lei attribuito dalla Cassa del Notariato.
In aggiunta, secondo la norma richiamata, l'accertamento del diritto all'emolumento deve essere effettuato mettendo a confronto le rispettive potenzialità economiche dei coniugi, non solo come disponibilità attuali di beni ed introiti ma anche come attitudine a procurarsene in grado ulteriore, raffrontandole con lo stile di vita mantenuto dai coniugi in costanza di matrimonio.
Parola al giudice del rinvio anche per le spese.
Cassazione, VI sez. civile, ord. 21669/15