di Valeria Zeppilli - Il Tribunale di Milano, con la sentenza numero 5931 del 2015, è intervenuto in materia di testimonianza del coniuge in comunione di beni, offrendo un'interessante lettura dei confini entro i quali tale deposizione è possibile.
Il riferimento normativo va individuato nell'articolo 246 del codice di procedura civile, in base al quale non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
Per il giudice meneghino, però, non vi è incapacità a testimoniare del coniuge in comunione di beni nelle controversie che interessino l'altro coniuge e abbiano come oggetto i crediti che derivano dall'esercizio dell'impresa di cui quest'ultimo sia titolare esclusivo.
Infatti, in tali casi non sussiste l'interesse del testimone a partecipare al giudizio, che giustifica il divieto di rendere la propria deposizione.
I crediti che derivano dall'esercizio dell'impresa, del resto, diventano comuni al coniuge in comunione di beni solo nel caso in cui la comunione si sciolga e nei limiti della loro permanenza.
Così, il Tribunale di Milano ha escluso che possa essere contestata a priori l'attendibilità della testimonianza in casi come quello indicato, solo in ragione della sussistenza del rapporto di coniugio e del regime patrimoniale tra i coniugi.
Gli elementi che devono ispirare la valutazione, per i giudici, sono anche altri.