di Marina Crisafi - Scappa dai domiciliari ma subito ci ripensa e si riconsegna alle forze dell'ordine. È legittima dunque la concessione delle attenuanti e la conseguente riduzione della pena. Lo ha affermato la seconda sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 41951/2015 depositata il 20 ottobre scorso (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di un uomo, evaso dagli arresti domiciliari ma riconsegnatosi all'autorità, avverso il mancato riconoscimento dell'attenuante speciale di cui all'art. 385 c.p.
Per i giudici di merito, il gesto dell'uomo non era stata conseguenza di un moto spontaneo e, comunque, era già stato valutato ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche.
Per i legali dell'imputato, invece, i giudici sarebbero incorsi in violazione di legge e motivazione contraddittoria negando l'attenuante, nonostante il comportamento collaborativo tenuto dall'imputato con le forze dell'ordine, sul presupposto della mancata spontaneità nel riconsegnarsi; presupposto peraltro non richiesto dalla norma penale.
Per gli Ermellini, il ricorso è fondato.
L'attenuante speciale di cui all'art. 385 c.p. hanno affermato, infatti, si applica "anche nell'ipotesi di evasione dagli arresti domiciliari a condizione che chi si è allontanato dal luogo degli arresti si costituisca in carcere ovvero si consegni ad un'autorità che abbia l'obbligo di provvedere alla traduzione in carcere del reo - quale espressione di ammissione dell'infrazione e di volontà di elidere le conseguenze del reato". Né, ai fini della sua applicazione, è richiesto uno "stato psicologico particolare" che accompagni la riconsegna. Ciò che conta è il ravvedimento post delictum, "che rende l'attenuante applicabile all'imputato evaso dagli arresti domiciliari nelle sole ipotesi in cui questi, prima della condanna, si adoperi spontaneamente ed efficacemente - costituendosi in carcere o tenendo una condotta assimilabile, quale la consegna spontanea ad un'autorità che abbia l'obbligo di tradurvelo - per eliminare le conseguenze negative del reato, rappresentate dal dispendio di tempo e di energie da parte della polizia giudiziaria per effettuare le ricerche e pervenire al suo arresto".
Per cui, non esistendo alcuna incompatibilità tra tale attenuante speciale e quelle generiche, il ricorso va accolto e la sentenza annullata sul punto. La parola passa al giudice del rinvio che dovrà attenersi ai principi indicati nel formulare il nuovo giudizio.
Cassazione, sentenza n. 41951/2015