di Lucia Izzo - La violazione di domicilio risulta aggravata sia quando la violenza sulle cose o alle persone si manifesta per introdursi nel luogo di privata dimora altrui, sia quando il danneggiamento è attuato per trattenervisi.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione, sez. V penale, con la sentenza n. 42581/2015 (qui sotto allegata), sul ricorso di un uomo condannato alla pena ritenuta di giustizia per i reati di violazione di domicilio aggravata e resistenza a pubblico ufficiale.
L'uomo è colpevole di essersi introdotto (scavalcando un cancello), in evidente stato di alterazione alcolica, all'interno di un'area sede di una società provocando diversi danni a beni ivi presenti (la vetrata della guardiola del portiere e il monitor della videosorveglianza).
Per le modalità di svolgimento della vicenda, la difesa ritiene che la fattispecie concreta configuri un'ipotesi di violazione di domicilio semplice, a cui accostare l'ulteriore addebito di danneggiamento (reati, entrambi, non aggravati e dunque procedibili a querela, mai presentata degli aventi diritto).
L'uomo non avrebbe usato violenza per introdursi presso la sede della società né per trattenervisi, come richiesto dall'art. 614 c.p., ed avrebbe danneggiato i beni presenti al solo ed immanente fine di arrecare pregiudizio al patrimonio altrui, senza che la violenza potesse intendersi strumentale alla violazione di domicilio.
Per gli Ermellini la ricostruzione del ricorrente non è condivisibile e il ricorso non è accoglibile.
Richiamando la giurisprudenza della stessa Corte, si evidenzia che, in tema di valutazione della strumentalità o meno di una condotta violenta posta in essere dal soggetto attivo del reato di violazione di domicilio
, ai fini della realizzazione dell'evento tipico richiesto dalla norma incriminatrice, "il delitto di danneggiamento può concorrere con quello di violazione di domicilio commesso con violenza sulle cose, se la violenza non costituisce il mezzo per conseguire l'evento del delitto di violazione di domicilio e sia, quindi, la conseguenza di un'azione dei tutto avulsa da quel fine; diversamente, rimane assorbito nel delitto più grave".È pacifico che, alla luce della pluralità delle condotte tipizzate dall'art. 614 c.p., secondo cui il reato si configura sia in caso di introduzione che di trattenimento nel luogo di privata dimora altrui, l'aggravante di cui all'ultimo capoverso ricorre ogni qualvolta la violenza si manifesti in uno qualsiasi dei diversi momenti nei quali si estrinseca e si svolge la fase esecutiva del reato, e pertanto anche quando la violenza sulle cose o alle persone non sia usata inizialmente per l'illecita introduzione, ma successivamente per intrattenersi nel domicilio contro la volontà dell'avente diritto.
Un ragionamento in linea con quanto stabilito dalla Cassazione con sentenza 27542/2010, che richiede, ai fini della configurabilità dell'aggravante prevista dal 614 c.p., non un rapporto "occasionale" tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma un "nesso teleologico tra le due azioni".
Ne discende che se la violenza è usata non per entrare o intrattenersi nell'altrui abitazione, ma per commettere un altro reato, la violazione è aggravata ai sensi dell'art. 61 n. 2 stesso codice e il reato è procedibile a querela.
Nella fattispecie sub judice, appare evidente che il comportamento dell'imputato fu tenuto proprio per garantirsi il risultato di rimanere nell'area privata. Lo dimostrano le numerose minacce nei confronti del portiere che, immediatamente prima, lo aveva invitato ad andarsene.