di Lucia Izzo - La conservazione del cognome dell'altro coniuge, anche dopo il divorzio, è possibile. Ma debbono ricorrere circostanze eccezionali trattandosi di ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito.
Solo nel caso in cui ricorra un interesse meritevole di tutela, lette le disposizioni dell'art. 5 l. n. 898/1970, potrà essere concesso il mantenimento del cognome a seguito dello scioglimento del rapporto di coppia.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sez. I civile, nell'ordinanza n. 21706/2015 (qui sotto allegata) su ricorso presentato da una donna che chiedeva, a seguito di divorzio, l'autorizzazione a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio.
Deciso "no" da parte dei giudici di merito, che aveva respinto la domanda verificando che non vi fosse alcun interesse meritevole di tutela nel desiderio di conservare un cognome famoso e noto, capace di assicurare notorietà ed agevolazioni negli ambienti mondani poiché collegato ad una famiglia di rango sociale e censo elevati molto nota nel ramo imprenditoriale. Se ciò fosse ammissibile allora ogni donna divorziata dovrebbe poter mantenere il cognome del marito se appartenente a famiglia nota.
La ricorrente, lamenta invece che l'art. 5 della legge 898/70 tende a valorizzare ogni interesse di carattere morale, sociale e relazione alla conservazione del cognome che si dimostri apprezzabile in quanto investe profili di identità personale. Ed è proprio quel cognome in cui la donna si identifica, avendolo utilizzato per oltre 30 anni e più del suo, così che divenisse segno indelebile della sua identità personale non solo nei confronti degli altri, ma anche verso il figlio e i nipoti.
Gli Ermellini, pur condividendo il ricorso dal punto di vista etico stante l'esperienza familiare vissuta dalla ricorrente, precisano che dal punto di vista giuridico questo non è meritevole di accoglimento.
La possibilità di consentire come effetti di carattere giuridico-formali, la conservazione del cognome del marito accanto al proprio, è decisione straordinaria che spetta al giudice di merito secondo criteri di valutazioni propri di una clausola generale, ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica.
Inoltre, l'uso del cognome può costituire un pregiudizio per l'altro coniuge dissenziente che magari in futuro intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale ai sensi dell'art. 8 CEDU, un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, come legame familiare attuale, anche nei rapporto sociali e in quelli rilevanti giuridicamente.
Nonostante la Corte propenda per il rigetto del ricorso, un intervenuto accordo tra le parti (per modificare le condizioni di divorzio acconsentendo all'uso del nome) provoca la rinuncia al giudizio e la sua conseguente estinzione.
Cass., I sez. civile, ord. 21706/15