Nota di commento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 6189 del 19.12.2014

Avv. Francesco Pandolfi - In materia di detenzione di armi e potenziale abuso delle stesse, i Giudici del Tar Emilia Romagna si sono trovati a dover valutare la compatibilità del comportamento del soggetto con la richiamata detenzione e il porto di armi da fuoco (...come è noto, la magistratura ricorda sempre che tale materia è pervasa da ampia discrezionalità).

Vediamo cosa accade. Nella situazione reale, portata successivamente all'attenzione del Giudice, si verifica che il titolare di licenza di porto di fucile ad uso caccia nonché detentore di svariati altri fucili, viene deferito alla Procura della Repubblica per omessa custodia di armi.

Che cosa fanno il Prefetto e il Questore? Il Prefetto gli vieta la detenzione di armi e munizioni, mentre il Questore gli revoca la licenza di porto di fucile uso caccia.

Che cosa fa il Tar? Il Tar in prima battuta avalla i provvedimenti discrezionali adottati ex ante dall'Amministrazione, con riferimento al possesso dei necessari requisiti soggettivi espressi dalla stessa.

Che cosa fa il Consiglio di Stato? Il discorso però cambia ed evolve in meglio nella fase di appello davanti il Consiglio di Stato (v. sentenza n. 6189 del 19.12.2014).

La censura del massimo organo giudicante è infatti chiara: il tribunale erra nel non apprezzare il fatto che il giudice penale, nelle more, ha disposto il dissequestro delle armi, dichiarando la non esistenza di obblighi nell'adozione di specifiche cautele o nella messa in atto di sistemi di difesa contro i furti in abitazione (il tutto in un quadro ove risalta la circostanza che a carico del ricorrente non è emerso alcun deficit di diligenza e cautela nella custodia dell'arma rubata e delle altre armi in suo possesso).

Soprattutto, l'elemento che più preme al Consiglio di Stato è riferito al fatto che, pur sussistendo una linea giurisprudenziale rigorosa circa l'interpretazione della normativa in materia di armi e pur essendo chiaro che per "abuso" dell'arma si intende l'uso non corretto della stessa, il provvedimento del Questore è basato solo ed esclusivamente sul divieto di detenzione armi adottato dalla Prefettura a seguito del deferimento all'autorità giudiziaria, per essersi il soggetto reso colpevole del reato di omessa custodia delle armi.

L'elemento che fa vincere il ricorso: non è stata compiuta dal Questore e dal Prefetto alcuna valutazione della personalità del soggetto e dei suoi comportamenti circa la custodia delle armi, al fine di trarne il sospettato "abuso".

Più semplicemente, l'Amministrazione avrebbe dovuto:

a) apprezzare la qualità del soggetto (ex Carabiniere in congedo, incensurato);

b) dare il giusto peso alle circostanze di fatto (il ricorrente ha subito un furto in abitazione);

c) apprezzare l'inesistenza di negligenza nella custodia delle armi nell'abitazione dove era detenuta l'arma rubata;

d) valorizzare la sopravvenuta ordinanza di dissequestro delle armi in sede penale, nella cui motivazione il Giudice dice chiaramente che non si evince alcuna mancanza di diligenza in relazione alla custodia delle armi, come del resto emerge dai rilievi e dalle indagini compiute nell'immediatezza del furto.

Cosa fare in casi analoghi?

E' semplice: una volta identificate le lacune motivazionali ed argomentative dell'amministrazione, percorrere senza paura tutte le fasi giudiziali che il nostro Ordinamento accorda a ciascun interessato, al fine di impiegare utilmente l'equo, razionale e giusto indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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