di Lucia Izzo - Vacilla la sentenza di condanna per rapina aggravata se l'imputato che ha commesso il fatto è affetto da "ludopatia" attestata da relazioni ASL.
La Corte di Cassazione, sez. II Penale, nella sentenza n. 45156/2015 (qui sotto allegata) ha affrontato il caso di un uomo, affetto dal morbo di Parkinson dal 1999, che a causa delle cure farmacologiche cui era sottoposto aveva sviluppato un impulso irrefrenabile e patologico al gioco d'azzardo.
L'imputato, non avendo la disponibilità del denaro, si era determinato a compiere una rapina al fine di procurarsi la somma necessaria per giocare.
Diverse relazioni dell'ASL che aveva il cura l'uomo attestavano che la sindrome si era manifestata come effetto collaterale della forte terapia medica alla quale eta sottoposto.
Tuttavia, pur riconoscendo la malattia, la Corte d'Appello aveva respinto la richiesta di applicazione degli artt. 88 e 89 c.p., ritenendo che i farmaci assunti, pur avendo aumentato l'impulso al gioco d'azzardo, non avrebbero potuto influire sulla determinazione a procurarsi il denaro che consisteva in una vera e propria pianificazione di una rapina. Infatti l'uomo era uscito di casa armato di coltello, poi usato per minacciare il farmacista, valutando tale situazione maggiormente praticabile rispetto ad altre condotte delinquenziali.
Gli Ermellini rilevano che il vizio totale e parziale di mente ai sensi degli artt. 88 e 89 c.p.si riscontra quando l'imputato si trova, per infermità in uno stato di mente tale da escludere o scemare grandemente la capacita di intendere o di volere. Quindi, se la malattia incide su uno dei suddetti aspetti, può riconoscersi il vizio totale o parziale di mente.
Anche i disturbi della personalità o comunque tutte quelle anomalie psichiche non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di "infermità" ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente; questi disturbi dovranno, tuttavia, essere di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o facendola scemare grandemente, e dovrà sussistere un nesso eziologico tra disturbo mentale e condotta criminosa.
Nel caso di specie, il giudice del gravame ha incensurabilmente motivato sulla capacità d'intendere dell'imputato, ma non altrettanto ha fatto in ordine alla capacità di volere.
La Corte ha considerato sia l'impulso a commettere la rapina che l'averla programmata, ma non ha considerato che la programmazione attiene alla capacità d'intendere, mentre l'impulso "cui resisti non potest" attiene alla diversa sfera della capacità di volere.
Spetta dunque al giudice del rinvio stabilire se la conclamata patologia da gioco di azzardo dell'imputato fosse di natura tale da poter rientrare o meno nel concetto di infermità; in caso di risposta affermativa, si dovrà considerare se la condotta criminosa fosse stata causalmente determinata da quella specifica infermità e se l'impulso a commettere la rapina fosse di tale ampiezza e consistenza da vanificare la capacità di apprezzarne le conseguenze.
Cassazione, II penale, sent. 45156/2015