di Valeria Zeppilli - La legge numero 47 del 2015 si insinua ufficialmente nelle aule di giustizia e le conseguenze che essa pone sulle esigenze di custodia dell'imputato iniziano ad essere valutate in concreto dai giudici.
A seguito di tale riforma, infatti, il rischio di recidiva da porre alla base di una misura di custodia cautelare va oggi necessariamente valutato su dati concreti e attuali, che non possono desumersi dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede.
Su tale nuova previsione è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 45512/2015, depositata il 16 novembre (qui sotto allegata).
Con la pronuncia in commento, infatti, i giudici hanno chiarito che, dopo la recente novella legislativa, è oggi imprescindibile un giudizio prognostico, ai fini della valutazione del pericolo di reiterazione del reato, che tenga conto di dati concreti da considerarsi nell'attualità.
I parametri di cui alla lettera c) dell'articolo 274 del codice di procedura penale, del resto, hanno ora la chiara funzione di evitare che la sussistenza delle ragioni cautelari venga fatta dipendere dal solo titolo di reato contestato.
Per i giudici, la motivazione circa la concretezza e l'attualità del pericolo di recidiva può quindi ritenersi validamente fornita quando essa faccia riferimento, congiuntamente, sia alla gravità dei fatti che alla personalità dell'indagato.
Il tratto personologico, infatti, rende il rischio di condotte future di reato attuale e concreto.
Niente da fare, però, per il ricorrente, indagato per estorsione aggravata: nonostante la riforma, la custodia cautelare in carcere va confermata alla luce della sua indole negativa e trasgrediva.
Corte di cassazione testo sentenza numero 45512/2015