di Lucia Izzo - Obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l'opera professionale richiesta, se ed in quanto la stessa sia stata svolta, non è necessariamente colui che ha rilasciato la procura alla lite, potendo anche essere colui che abbia affidato al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell'interesse di un terzo.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. I civile, con sentenza n. 23626/2015 (qui sotto allegata) decidendo sul ricorso di un avvocato contro il decreto del Tribunale che aveva rigettato il suo reclamo avverso il decreto di diniego di liquidazione di compenso.
Il professionista precisava di aver ricevuto dal liquidatore giudiziale dei beni di una società l'incarico di difendere la stessa in un giudizio poi definito con sentenza di improcedibilità e in cui la procedura era rimasta estranea: tuttavia, il giudice di merito evidenziava che nessun mandato specifico era stato conferito dal liquidatore giudiziale all'avvocato, pertanto, in assenza di incarico formalmente conferito e nonostante l'utilità del giudizio, il Tribunale riteneva non doversi liquidare al professionista il compenso nella misura prevista dall'art. 25, n. 7, l. fall.
Concordi i giudici di Cassazione secondo cui non è necessariamente chi ha rilasciato la procura alla lite a dover obbligatoriamente corrispondere il compenso professionale al difensore per l'opera richiesta (se e in quanto questa sia svolta), potendo trattarsi anche di colui che ha affidato al legale il mandato di patrocinio, nonostante questo venga richiesto e svolto nei confronti di un terzo: in tal caso, si instaurerebbe collateralmente al rapporto con la parte che abbia rilasciato la procura ad litem, un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato, ma da chi ha richiesto per lui l'opera professionale.
Nel caso di specie i giudici del merito non hanno negato la validità di tale principio, bensì hanno escluso che in concreto vi fosse stato un mandato di patrocinio tra il liquidatore giudiziale e il ricorrente.
Senza il formale incarico professionale conferito dal liquidatore giudiziale, il credito non poteva essere azionato ex art. 25 l. fall., il quale prevede che il giudice delegato "liquida i compensi... alle persone la cui opera è stata richiesta" dal liquidatore giudiziale nell'interesse della procedura.
Il tribunale, riconoscendo espressamente "l'utilità per la procedura dell'opera professionale prestata", ha implicitamente richiamato la qualità di credito funzionale alla procedura ex art. 111 l. fall., nuovo testo, così pure implicitamente affermandone la natura di credito non della procedura, ma della società ammessa al concordato.
Il ricorso deve dunque essere rigettato.
Cass., I sez. civile, sent. 23626/2015