di Marina Crisafi - Il contributo unificato, di cui all'art. 13 del d.p.r. n. 115/2002, è "un'obbligazione ex lege di importo predeterminato, gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, con la conseguenza che il giudice non è neppure tenuto a liquidarne autonomamente il relativo ammontare".
Con queste parole si è espressa la sesta sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 23830/2015, depositata il 20 novembre scorso (qui sotto allegata), in una vicenda in cui alcune parti di un giudizio chiedevano la correzione dell'errore materiale di un provvedimento di condanna della controparte alle spese del procedimento, nel quale era stato liquidato un importo inferiore ai costi vivi documentati e, tra gli stessi, non era stato quantificato il contributo unificato.
Ma il Palazzaccio, riportandosi alla consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. n. 18828/2015), ha affermato che quand'anche il provvedimento giudiziale non faccia espresso riferimento all'importo pagato dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, la statuizione di condanna si intende estesa implicitamente, aldilà della mancanza formale, "all'imposizione della restituzione della somma corrisposta per quel titolo, il cui pagamento sarà documentabile anche in sede esecutiva tramite la documentazione relativa al versamento".
Per cui, il beneficiario della condanna alle spese di lite ben può azionare quest'ultima "quale titolo esecutivo anche per la ripetizione delle somme da lui documentate o documentabili come in concreto sborsate per adempiere quell'obbligazione ex lege, in relazione al processo cui si riferisce la complessiva condanna alle spese in danno di controparte".
Per questi motivi, non essendovi nessun errore materiale nell'ordinanza impugnata, sotto il profilo della mancata specifica quantificazione del contributo unificato, il ricorso va rigettato.
Cassazione, ordinanza n. 28830/2015